Su 405 località dove lo sfruttamento del lavoro nei campi è più forte, «solo» 191 sono al Sud e nelle Isole, mentre ben 129 si trovano nell’Italia settentrionale.
La costruzione della mappa regione per regione, che in qualche modo sfata il mito del Mezzogiorno come epicentro dello sfruttamento sistematico della manodopera nei campi, è stata effettuata incrociando in maniera rigorosa e scientifica interviste on line raccolte dai sindacalisti della Flai che operano in tutto il territorio nazionale con le singole operazioni di Polizia giudiziaria e le denunce degli stessi lavoratori e del Terzo settore.
«Sfruttamento, caporalato, lavoro irregolare e mancata applicazione dei contratti sono andati assumendo confini geografici sempre più ampi nel nostro Paese, annidandosi anche in comparti caratterizzati da produzioni d’eccellenza con alto margine di profitto e coinvolgendo un numero crescente di lavoratori italiani e stranieri – spiega il segretario generale della Flai Giovanni Mininni -.
Si è radicata così in noi la convinzione sempre più forte che l’azione di denuncia dovesse proseguire e che fosse necessario avviare un percorso volto ad accendere un riflettore su questo fenomeno, per conoscerlo più a fondo e per contribuire a creare gli strumenti adatti a contrastarlo, per tutelare i tanti lavoratori coinvolti ma anche per spezzare l’odioso dumping basato sullo sfruttamento del lavoro, che fa delle aziende regolari altrettante vittime di questo sistema».
Negli ultimi anni sono state portate alla luce situazioni problematiche che confermano come nel settore agricolo italiano lo sfruttamento lavorativo sia radicato e strutturale» e colpisca soprattutto i lavoratori stranieri (il cui numero è in fortissimo aumento) «che versano in condizioni di grave vulnerabilità sociale, costretti a spostarsi tra i diversi ghetti italiani», vivendo così «in luoghi di marginalità, privi di diritti e isolati dalla società».
Paolo Baroni


