CON I TASSI SALE ANCHE LO SCONTRO FRA BCE E PALAZZO CHIGI

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Per intanto, il Governo Meloni avvia l’iter per la successione ai vertici di palazzo Koch, sede centrale della Banca d’Italia in via Nazionale a Roma, dove a Ignazio Visco subentrerà Fabio Panetta, attuale componente del Consiglio direttivo della Eurotower di Francoforte

Fabio Panetta, originario di Roma, è un economista considerato vicino all’area del centrodestra, molto apprezzato dall’attuale coalizione di centrodestra per il proprio pensiero non sempre allineato al rigorismo monetarista di Christine Lagarde; tanto che, al momento delle fasi consultive che nello scorso mese di ottobre si erano avviate tra Quirinale e forze politiche per formare la lista dei Ministri chiamati a coadiuvare Giorgia Meloni, il suo nome era stato indicato a più riprese per la guida del dicastero dell’economia e delle finanze poi assegnato al leghista moderato Giancarlo Giorgetti.

La designazione di Fabio Panetta si rende necessaria poiché, in applicazione della legge Tremonti del 2005, che aveva posto fine al mandato vitalizio del Governatore della Banca d’Italia, quest’ultimo può restare in carica per un numero massimo di due mandati della durata di 6 anni ciascuno, e l’uscente Ignazio Visco, che venne indicato dall’ultimo Governo di Silvio Berlusconi nella seconda parte del 2011 – salvo essere poi riconferma da Paolo Gentiloni nel 2017 – non poteva essere più rinnovato al vertice della Banca centrale nazionale e decadrà dal proprio incarico nel prossimo autunno.

La designazione da parte del Consiglio dei Ministri assume un valore non solo legale ma altresì politico e – come si suol dire in simili casi – di moral suasion o persuasione morale nei confronti della BCE, la cui Presidente Lagarde ha annunciato, più di recente, un ennesimo rialzo dei tassi di riferimento da fare decorrere dal prossimo mese di luglio.

Annuncio che ha determinato una reazione coesa e molto severa da parte dei Ministri più in vista e diretti collaboratori della Premier Meloni sui dossier più nevralgici del Paese: quelli relativi cioè al contrasto dei rincari gravanti su famiglie e imprese, alla ripartenza produttiva del Paese, dopo il calo verticale della produzione industriale nella prima parte dell’anno, e al contenimento del costo del debito pubblico senza dover più ricorrere al famigerato fiscal compact destinato a tornare in vigore dal 2024 o, peggio ancora, al Mes.

Secondo alcune stime dei movimenti e delle associazioni dei consumatori, l’incidenza a carico dei mutuatari prima casa potrebbe tradursi in un aumento secco di circa 3400 euro, portando a una media di oltre 8000 euro annui il monte unitario delle rate dovute al settore bancario per ciascuna unità abitativa, tipo alloggio, oggetto di contratto di mutuo per l’acquisto dell’abitazione principale.
Mentre, ai fini della detrazione Irpef, il massimo che si possa recuperare in sede di imposta sui redditi famigliari corrisponde a una quota del 19 per cento calcolata su un importo massimo di quattromila euro nel modello dichiarativo unico o 730.

In pratica, si tratta di meno di un quinto della metà del livello annuo medio a cui potrebbe salire il complessivo onere annuo del prestito messo a disposizione dalla propria banca retail di fiducia.

Tanto che, da più parti nella stessa maggioranza di Governo, si parla di adottare, in occasione della riforma fiscale di prossima approvazione in Parlamento, di anticipare alcuni capitoli relativi alla possibilità di fruire di una detrazione più generosa degli interessi passivi dovuti dal mutuatario che sia titolare di un ISEE massimo di 35.000 euro annui, livello corrispondente alla situazione reddituale e patrimoniale della larga maggioranza dei nuclei familiari del nostro Paese.

Il Vicepremier in quota Lega Matteo Salvini, leader del partito del Carroccio, ha sferrato una critica molto severa nei confronti della Banchiera centrale Lagarde, chiedendo con urgenza un incontro con il rappresentante dell’Italia nel Consiglio direttivo della BCE, ossia lo stesso Panetta, da sempre convinto assertore della necessità di una politica dei tassi che abbandoni il monetarismo puro per tenere in maggiore considerazione le caratteristiche di fondo del tipo di inflazione che affligge la UE, e che non coincide con le fenomenologie riscontrabili oltre Atlantico negli Stati Uniti d’America.

Considerazioni condivise dall’altro vicepremier, e responsabile di Forza Italia, Antonio Tajani, Ministro degli Esteri e della cooperazione: “Non credo che alzare continuamente i tassi aiuti le prospettive di ripresa, soprattutto sulla scorta di annunci rilasciati con un così ampio anticipo. Oggi, aumentare il costo del denaro significa mettere le imprese in difficoltà e spianare la strada ai rischi di recessione”.

Concetti fatti propri da chi, come il collega di Governo Adolfo Urso titolare del dicastero per la tutela del made in Italy, con la politica industriale si deve confrontare ogni giorno per poterla tradurre in provvedimenti favorevoli ai vari settori dell’economia reale: “Le scelte della BCE sono poco comprensibili, e finora non sono state efficaci. Le cause dell’inflazione sono esterne e non interne alla UE, e le decisioni che arrivano da Francoforte accrescono il pericolo recessivo, sebbene finora l’economia italiana sia stata più resiliente e reattiva di quelle delle Nazioni simili alla nostra per consistenza del tessuto industriale”.

Motivo di ulteriore irritazione per Urso, in considerazione della delega assunta nel Governo Meloni, è la circostanza che la Banchiera Lagarde attribuisca una parte delle responsabilità dell’alta inflazione alle presunte tendenze delle imprese a voler conseguire profitti elevati mantenendo prezzi elevati anche a fronte di un calo dei costi delle materie prime a partire da quelle energetiche.

La Banca centrale europea, di fatto, affida ai singoli Governi e alla Commissione UE il compito di mitigare gli effetti della crescita dei tassi con soluzioni di politica fiscale che, in misura eccezionale e in maniera temporalmente circoscritta e delimitata, neutralizzino le conseguenze sfavorevoli sulle categorie sociali e sui settori più esposti e vulnerabili. Il che, ancora una volta, va a premiare quei Paesi i cui bilanci pubblici presentano più ampi margini di manovra per poter procedere sulla via di aiuti di Stato particolarmente generosi e non alla portata dei conti italiani.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI