Contro il gender pay gap serve il salario minimo

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se a dirlo sono i dati internazionali, per di più non di fonti sindacale, occorrerebbe tenerne conto nelle politiche che si attuano. Oppure occorrerebbe avere l’onestà intellettuale e politica di sostenere che non si ritiene una priorità ridurre il differenziale salariale tra donne e uomini. E che nemmeno contrastare il lavoro povero, anche quello che sa più di sfruttamento che di lavoro, è una priorità.
Il Forum Ambrosetti

Quest’anno, diversamente dallo scorso, la presidente Meloni è andata a Cernobio ad ascoltare il gotha dell’economia, immaginiamo con attenzione, prima di magnificare le attività della destra al governo. Allora avrà di certo preso appunti quando le è stato offerto un corposo studio, l’Osservatorio Women Empowerment di Teha Club realizzato proprio in vista dell’appuntamento autunnale: i risultati sono chiari e sconfortanti, non solo per le donne in assoluto, ma per quelle italiane in particolare.
Carta canta

Secondo l’Osservatorio, mentre il differenziale salariale tra donne e uomini nei paesi del G20 si riduce non così va in Italia, anzi il Paese continua a distinguersi in Europa, e non solo, per la scarsità di donne al lavoro. A fornirne la dimensione è l’Istat: certifica che nel primo trimestre del 2024 il tasso di occupazione femminile arriva al 52,7% (nello stesso periodo del 2023 era 51,9), mentre il tasso di occupazione maschile è al 70,4%. Ben 18 punti di differenza mentre la media europea non supera il 10. Un “bel” record negativo che pesa, anche in questo caso negativamente, sul Pil e sullo sviluppo. Come dar torto alla Cgil, quando continua a chiedere che negli appalti del Pnrr venga rispettata la riserva di posti per le donne, che invece il primo governo a guida femminile disattende?
Poca occupazione e meno salario

“Nei paesi del G20 si è ridotto il gender pay gap – si legge nel Report presentato al Forum -. Bene soprattutto la Germania, dove l’introduzione del salario minimo ha permesso di ridurre il gap salariale tra uomo e donna riducendo le posizioni non regolamentate, che erano in gran parte riservate alle donne”. Ma guarda un po’ – e a dirlo non sono i sindacati – il salario minimo in Germania è servito non solo a eliminare il lavoro povero, ma anche a avanzare celermente sulla via della parità. Ed è proprio di queste ore la notizia che a Berlino stanno valutando l’ipotesi di portare il salario minimo legale da 12,5 euro l’ora a 15. In Italia, invece, Meloni ha semplicemente detto no a qualunque ipotesi vada in questa direzione.
Povertà e sfruttamento

Linda Laura Sabbadini, nella prefazione al Rapporto 2024 “Donne gravemente sfruttate” dell’Associazione Slave no more ricorda che in Italia 4 milioni e 400mila persone percepiscono un reddito inferiore a 12mila euro lordi all’anno. Sono soprattutto giovani donne e migranti. Non solo: ben il 12,7 degli occupati e occupate è irregolare, anche in questo caso le donne sono in maggioranza soprattutto nei servizi alla persona (42,6%), cioè dove si concentra la domanda di prestazioni lavorative da parte delle famiglie.
Ho giocato tre numeri al lotto….

Recitava una canzone di qualche decennio fa, ed è proprio una lotteria quella che le donne italiane devono affrontare. Sono 18 i punti in meno di occupazione rispetto agli uomini, 15% circa di salario in meno a parità di inquadramento, che diventa il 42% in meno nella classifica del differenziale salariale stilata dall’Ocse in base ai titoli di studio tra laureati e laureate. Continuando con questa lotteria, si scopre che sono occupate tre donne su quattro senza figli, e circa la metà delle mamme. Ma una lavoratrice su cinque abbandona il posto alla nascita di un figlio, per magari cercare di rientrare nel mercato del lavoro quando il bimbo o la bimba varca la porta della scuola. E ancora, sono le donne colpite dal part-time involontario molto più che gli uomini (49% le prime, 26% i secondi).