Coronavirus, trema anche l’economia: il Nord teme di finire in ginocchio

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LaPresse 27/10/2011 Roma, Italia Cronaca Ressa di folla all'inaugurazione negozio Trony Nella foto: Persone che escono da Trony con i loro acquisti

La salute, prima di tutto. L’allarme coronavirus cresce e spaventa l’Italia, con il Nord già blindato in attesa di conoscere, ora dopo ora, i nuovi numeri delle vittime, dei contagiati e dei guariti. Ma a tremare è anche l’economia: i danni, già ingenti, potrebbero rivelarsi enormi. Da domani (lunedì, ndr), con la mancata riapertura di diversi uffici, negozi e impianti nelle aree dei focolai di contagio, l’Italia comincerà a contare i danni economici causati dall’epidemia.

Lombardia e Veneto valgono il 31% del Pil – Come riportato da Repubblica, al momento è impossibile ipotizzare una reale stima dei danni, ma la posta in gioco è ovviamente altissima, considerato che le imprese di Codogno e Casalpusterlengo – due dei comuni finiti in quarantena in Lombardia – fatturano da sole 1,5 miliardi l’anno. Ogni giorno di stop può mandare in fumo 4 milioni di entrate, ma il conto potrebbe toccare i 18 milioni se la serrata venisse estesa a tutta la provincia di Lodi. E se le misure restrittive di quarantena dovesse allargarsi all’intero settore produttivo di Lombardia e Veneto il conto potrebbe diventare spaventoso considerato il fatto che le due Regioni valgono da sole 550 miliardi di Pil (il 31% di quello italiano) e che da qui parte il 40% delle esportazioni del Paese.

Il governo al lavoro per aiutare le imprese nelle aree in quarantena – Per limitare i danni economici, il governo sta studiando una sorta di piano Marshall per aiutare le imprese delle aree finite in quarantena. A San Donato milanese, poco a nord di Codogno, ci sono i quartieri generali di Eni, Saipem e Snam. Poco più a sud, invece, ci sono uno dei più grandi centri di logistica Amazon in Italia, la meccanica piacentina e i gioielli dell’industria alimentare emiliana.

Milano ha già pagato un conto salato nella settimana della moda – La Lombardia, e Milano in particolare, ha già registrato danni importanti. Alla settimana della moda milanese, infatti, si sono registrati mille compratori cinesi in meno rispetto all’anno scorso, un calo dell’80%. Il mancato arrivo dei turisti da Pechino a Venezia, Verona e Milano ha assestato un duro colpo ad albergatori e commercianti. Le vendite di abiti griffati, gioielli e profumi nel quadrilatero della moda meneghimo (tra via Montenapoleone e la Galleria) valgono circa il 12& del Pil di Milano. Lo shopping cinese rappresenta da solo un quarto di questa cifra.