Premessa. Questa è l’estate del glamour rappresentato, a quanto pare, dal Twiga beach club di Forte dei Marmi. E’ anche l’estate in cui è prevalsa la moda di restare senza neppure un soldo per chi percepiva il reddito di cittadinanza, in attesa dell’assegno di 350 euro al mese che accompagnerà alla formazione lavoro
Quindi parliamone.
Il Twiga beach club è uno stabilimento balneare esclusivo di proprietà di Flavio Briatore e, un tempo, di Daniela Santanchè che, da quando è ministra del Turismo, ha ceduto le sue quote in parte a Briatore e in parte e Dimitri Kunz d’Asburgo, che è il suo compagno.
Vip, politici vip, fanno a a gara per concedersi un po’ di bella vita lì. I renziani Maria Elena Boschi, Luciano Nobili e Francesco Bonifazi sono stati avvistati a cena a luglio con Santanchè, e la cosa ha destato scandalo perché pochi giorni prima non avevano votato la sfiducia alla ministra, perciò è sembrata una sorta di “intelligenza con l’avversario”, il patto Italia-Twiga.
I prezzi. Per accedere alla spiaggia si può prenotare una delle 45 tende arabe dotate di 2 letti king size, 2 lettini standard, 1 sedia regista e 1 tavolino e sono corredate da un servizio d’acqua gratuito. Vi possono andare fino a 6 persone per ogni tenda. Costa 600 euro ad agosto. Ma è quasi tutto sold out. Mentre a settembre il costo scende a 350 euro.
Con i 350 euro dell’assegno formazione lavoro, che per l’appunto partirà da settembre, ci si può concedere una tenda araba al Twiga ospitando altre cinque persone. E’ vero che 350 euro sono al mese, mentre qui stiamo parlando del costo di un solo giorno. Ma a qualcuno verrebbe da dire “meglio un giorno da leone…”. Per il resto, come ha spiegato Briatore in una recente intervista al Corriere della sera, mai marketing è stato più azzeccato per il Twiga come le polemiche politiche di queste settimane. Niente di più auspicabile che la struttura si ampli e assuma. Nel qual caso si potrebbe immaginare che decollino dal beach club di Forte dei Marmi offerte di lavoro: si spera non precarie e non povere. Perché un Paese così diseguale è davvero privo di glamour e anche triste.
Giovanna Casadio


