Oggi al Parlamento europeo abbiamo avuto un confronto importante con la Ministra del Lavoro Calderone sui dossier più strategici della Commissione EMPL: dichiarazione elettronica, coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, direttiva sui tirocini, revisione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, salute e sicurezza sul lavoro
Sono temi che toccano la vita delle persone, il futuro del nostro mercato del lavoro e il prossimo bilancio europeo, in un contesto segnato dall’avanzata dell’intelligenza artificiale.
Nel mio intervento ho riaffermato con chiarezza la posizione del Movimento 5 Stelle sul salario minimo.
L’Italia continua a ignorare la direttiva europea del 2022, oggi confermata anche dalla Corte di giustizia, affidandosi alla sola contrattazione collettiva, senza però garantire una copertura reale dell’80% né un adeguamento all’inflazione.
Lo dico con franchezza: in un mercato del lavoro frammentato, con salari che perdono valore mese dopo mese, questa non è una strategia. È un lasciar fare che non tutela chi lavora.
Abbiamo insistito anche sulla direttiva europea sui tirocini. I giovani non possono essere lasciati soli al loro primo ingresso nel mondo del lavoro.
Il governo sostiene che regolamentare i tirocini possa “spiazzare” altri contratti, ma è il contrario.
Troppi giovani oggi finiscono schiacciati in forme atipiche, sottopagate e prive di tutele proprio perché non c’è una regolazione chiara. Rinviare ancora questa riforma significa accettare una precarietà che pesa sul futuro del Paese. E non possiamo più permettercelo.
Perché nel frattempo sta accadendo qualcosa di gravissimo: l’Italia sta perdendo un’intera generazione. Nel 2024 quasi 191.000 italiani hanno lasciato il Paese, di cui 156.000 espatri ufficiali, un record assoluto.
Negli ultimi dieci anni oltre un milione di persone se n’è andato, e tra questi ci sono centinaia di migliaia di giovani e laureati.
E il dato più inquietante è che a partire sono soprattutto le regioni più ricche e produttive, quelle che dovrebbero trattenere e attrarre talenti: Lombardia, Veneto, Piemonte.
Se ne vanno perché qui, oggi, non trovano salari adeguati, stage dignitosi, opportunità vere.
Questo esodo ha un costo enorme. Meno forza lavoro, meno innovazione, meno contributi versati, un rischio concreto per la sostenibilità del sistema pensionistico e dell’intera economia. Lo diciamo con forza e senza giri di parole: se non rendiamo il lavoro dignitoso, l’Italia continuerà a perdere i suoi giovani migliori.
Il nostro impegno rimane lo stesso. Costruire un mercato del lavoro più giusto, più sicuro e più dignitoso.
Perché un Paese forte parte sempre dalle condizioni reali delle persone che lo mandano avanti: le lavoratrici, i lavoratori, le ragazze e i ragazzi che meritano di poter restare e costruirsi un futuro qui.



