Creare a pro-fusione: l’esempio letterario di Elysium

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Mara racconta Mario Vespasiani nell’autentico equilibrio dei ruoli
Recensione del recente libro di Mara sull’artista Vespasiani
C’è un punto, raro e prezioso, in cui la critica d’arte smette di osservare da fuori e si trova costretta a entrare. Elysium, il libro della Musa Mara su Mario Vespasiani, si colloca esattamente in questo punto di soglia: non come racconto a posteriori, non come celebrazione memoriale, ma come testimonianza viva, simultanea, incarnata del fare arte. È qui che risiede la sua radicale originalità, in quanto per la prima volta, nella storia dell’arte scritta, la Musa non è evocata: racconta. Non è ricordata: agisce. Non è archetipo: è presenza.
L’arte occidentale ha costruito per secoli la figura della Musa come ombra necessaria ma muta, come “protettrice” funzionale alla grandezza dell’artista maschile, ma priva di autonomia narrativa.
Elysium supera questa costruzione con un gesto tanto semplice quanto dirompente: restituisce alla Musa il tempo reale della creazione. Mara difatti non racconta ciò che è stato, ma ciò che accade, non interpreta da lontano, ma attraversa e così facendo, trasforma il libro in un’opera parallela, non ancillare, che vive della stessa intensità delle opere di Vespasiani.
La voce di Mara non va ad occupare il ruolo del critico bensì accompagna l’arte di Mario Vespasiani, la rivela, la rende esperibile, la sua è una scrittura che non spiega, ma espone, che non chiarisce, ma accende.
Come le opere dell’artista, anche le sue parole non illustrano la realtà, la caricano del fascino dato dalla passione per la vita. Ogni pagina è uno spazio sensibile in cui il lettore non è spettatore, ma testimone e si avverte chiaramente che l’atto creativo non è mai solitario: è un campo relazionale, un dialogo continuo, una spirale di rimandi emotivi, intuitivi, energetici.
In questo senso, Elysium è un libro profondamente contemporaneo, non perché insegua temi di moda, ma perché risponde con autenticità a una delle questioni più urgenti del nostro tempo: il ruolo della donna nella creazione della bellezza autentica. Mara non reclama spazio e non anticipa l’artista, come non si colloca in una dialettica di rivendicazione di meriti.
E così facendo smaschera quell’ipocrisia di una certa “parità di genere” sbandierata, politicizzata, ma spesso superficiale e sterile. Qui non c’è contrapposizione alcuna, ma complementarità reale, non uguaglianza forzata, ma differenza che vivifica.
La relazione tra Mario e Mara, così come emerge dal libro, non è simmetrica né gerarchica: è organica. Ognuno è intero nel proprio ruolo e proprio per questo necessario all’altro. L’artista crea, la Musa rende visibile il divenire della creazione.
Lui accende il fuoco, lei ne custodisce e racconta la fiamma mentre arde. In questo senso, Mara non è semplicemente “a fianco” di Mario, ma con lui dentro un processo vitale condiviso.
L’arte, qui, non è oggetto da possedere, ma esperienza da vivere insieme. Editorialmente, Elysium si colloca come un testo anomalo e per questo indispensabile. Non è catalogo, non è saggio, non è diario: è un territorio. Un luogo in cui il visibile e l’invisibile dialogano, in cui la memoria si intreccia alla visione, in cui la Musa torna ad avere corpo, voce, responsabilità.
Mara senza perdere nulla di sé testimonia che la vera forza femminile non sta nel mimare modelli maschili, ma nel portare alla luce ciò che altrimenti resterebbe non detto. Alla fine della lettura, ciò che resta non è la descrizione di un artista, ma la sensazione di aver assistito a qualcosa di raro: la nascita dell’arte come vita condivisa.
Elysium dimostra che la vera ricchezza non sta solo nell’opera realizzata, quanto nella relazione e nello scambio di forza che ha scatenato. E che la bellezza non è mai neutra, ma sempre frutto di un incontro, di una pro-fusione.