DA BERLUSCONI A TRUMP, DA ABE A FICO: LA DANNAZIONE DEI PRESIDENTI

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La shoccante immagine dell’orecchio sanguinante del candidato repubblicano alla Casa Bianca, a seguito del tentativo di attentato operato da uno squilibrato ventenne poi neutralizzato dai servizi di sicurezza, pone il drammatico tema dei ricorsi storici della violenza politica perpetrata da soggetti squilibrati o complottisti a danno dei potenti della Terra e dei capi di Stato e di Governo dei Paesi più influenti sullo scacchiere

Durante un comizio svolto in Pennsylvania sotto le insegne dell’Elefante del Partito repubblicano statunitense, il candidato nonché ex inquilino della Casa Bianca Donald Trump, indicato come favorito nei sondaggi nei confronti dello sfidante dem Joe Biden, è stato vittima di un attentato compiuto da un ventenne squilibrato, tale Thomas Crooks, che con un fucile ad alta precisione ha cercato di neutralizzare il massimo esponente della destra americana, fortunatamente fallendo il bersaglio e finendo ucciso dai servizi di sicurezza comunque finiti sotto osservazione per le falle nella vigilanza.

L’onorevole Trump è rimasto ferito a un orecchio: ricoverato in ospedale per accertamenti, è stato successivamente dimesso, invitando i propri sostenitori, militanti e simpatizzanti a non cedere al clima di violenza e a proseguire con determinazione ancora maggiore nella campagna elettorale destinata a culminare nella consultazione diretta del prossimo novembre che designerà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America.

Le immagini, per chi scrive, sono andate immediatamente a quanto accadde nel dicembre del 2009, quando i riflettori del mondo si accesero su piazza Duomo a Milano, dove un intervento pubblico dell’allora premier Silvio Berlusconi venne funestato da un cittadino totalmente fuori controllo, tale Massimo Tartaglia, che con la miniatura della Madonnina cercò, per fortuna fallendo, di attentare alla vita del fondatore del centrodestra italiano, arrivando però a sfregiarlo gravemente al volto.

Senza dimenticare quanto più recentemente è successo all’ex primo ministro giapponese Shinzo Abe, assassinato a Tokyo, e al capo del governo slovacco Robert Fico, riapparso in pubblico soltanto nei giorni scorsi dopo la grave sparatoria di cui fu bersaglio e vittima.

Allora come adesso, a maggiore ragione nell’era dei social media che ha fatto emergere in tutta pienezza il livello inusitato del popolo degli odiatori, viene spontaneo chiedersi non solo come sia stato possibile non garantire, pur con le tecnologie oggi a disposizione, un integrale livello di copertura della sicurezza personale del futuro uomo politico più potente del Pianeta, ma quale sia altresì il reale scenario evolutivo della società occidentale, che dal secondo dopoguerra del Novecento ha sempre avuto, pur fra diverse sensibilità, il proprio faro negli Stati Uniti d’America: una Nazione-continente che ogni giorno deve confrontarsi con episodi di violenza il cui culmine viene esemplificato nelle stragi che si consumano nei college e nelle scuole in occasione di quelle che dovrebbero essere le feste di laurea o di diploma, un Paese la cui Costituzione esorta i cittadini alla ricerca di una felicità sempre meno alla portata.

Un dato di fatto è certo: l’onorevole Trump, divenuto popolare per le proprie reiterate vicende giudiziarie che – agli occhi di sostenitori, simpatizzanti e anche semplici elettori incerti – hanno fatto di lui una vittima della mala giustizia politica, dopo il dramma sfiorato ieri assurge non più a figura divisiva bensì a personalità simbolo di una società da ricucire dopo le lacerazioni lasciate in eredità dall’amministrazione Biden, in virtù delle necessariamente corali manifestazioni di solidarietà bipartisan e trasversali che dalle parole dovranno gradualmente evolversi in fatti.

La solitudine dei numeri uno, titola un celebre romanzo e film: solitudine che nella realtà socio politica dell’Occidente sta diventando una dannazione.

Dir politico Alessandro Zorgniotti