La notizia di Daniele Orsato come capo Commissione Arbitri Nazionale di serie C è una notizia che avrei voluto sentire l’anno scorso perché ritengo che possa essere l’inizio di un percorso progettuale e di crescita importante per l’arbitraggio italiano in ambito professionistico, tale da essere da traino per tutto il movimento.
Conosco Daniele da più di 15 anni, perché facciamo parte della stessa regione e, quindi, tra una riunione e l’altra, tra un incontro e l’altro, tra una occasione conviviale e l’altra, quando ero arbitro AIA, ma soprattutto osservatore nazionale, ho avuto modo di confrontarmi con lui parecchie volte. Nel recente passato ho avuto modo di reincontrarlo varie volte.
In questi anni ho avuto modo di conoscere le capacità di Daniele nell’essere, da una parte, motivatore, dall’altra, mi verrebbe da dire, severo bacchettatore dei ragazzi in tutte le riunioni che gli ho visto tenere. Riunioni che i ragazzi difficilmente possono dimenticare.
L’ascendente che ha sugli arbitri è innegabile e di livello ampiamente superiore a moltissimi suoi colleghi, come il carisma che in questi anni ha dimostrato sui campi di tutto il mondo.
Dirigere una Commissione Nazionale, però, necessita non solo di capacità tecniche e comportamentali, ma anche di capacità gestionali e di capacità nel gestire gruppi eterogenei di persone, nonché gli stessi componenti della Commissione Nazionale che, nonostante mai come in questa occasione sembri fatta ad hoc, presenta anch’essa numerose diversità e potenziali criticità.
Da osservatore esterno, anche se conoscitore dell’ambito AIA da più di 30 anni e da spettatore interessato con molti contatti che mi permettono di avere feedback continui dalle varie commissioni nazionali, una cosa che mi sembra abbastanza evidente è che vi sia negli ultimi anni, in qualche modo, una sorta di impoverimento, in particolare tecnico, della qualità arbitrale a diversi livelli che, sempre a mio modo di vedere, va di pari passo con l’impoverimento culturale del paese e con l’impoverimento delle squadre di calcio sia come capacità prettamente tecniche che come mentalità e correttezza comportamentale. In questo panorama, è, secondo me, importante trovare una inversione di tendenza.
Ricordo, ormai purtroppo parecchi anni fa, quando ero al Comitato Regionale Veneto, che un anno arrivarono come componenti, direttamente dalla Serie A, appena dismessi, Oscar Girardi e Alessandro Lion.
L’ascendente sui ragazzi e l’entusiasmo trasmesso era notevole, come la preparazione che arrivava proprio dall’esperienza di campo, che è un po’ come quando sei all’università e, al posto dei normali professori, ti ritrovi dei consulenti aziendali che sanno insegnare e portano esempi chiari e reali.
Daniele con la sua squadra può portare questa differenza e una nuova linfa.
Una delle cose che diceva molto spesso quando si parlava delle commissioni regionali o nazionali era che c’è bisogno di osservatori che sappiano “vedere gli arbitri” e, con questa espressione, Daniele sottolinea la necessità di avere qualcuno che veda oltre l’eventuale errore e vada oltre una valutazione scolastica dell’arbitraggio, in modo da riconoscere il talento e valorizzarlo.
Voglio fortemente credere che la commissione, così come voluta da Daniele, possa portare avanti questo credo e questa visione moderna dell’arbitro, non più gestore della gara, non più creato a tavolino, non più costruito, ma “scoperto” e “capito”. Una realtà in cui l’essere arbitro venga esaltato, dando ai ragazzi gli strumenti per mettere in campo le proprie qualità.
Con un progetto che parte dalla serie C, dove ci sono arbitri già in qualche modo formati ma ancora sufficientemente “malleabili” da essere concretamente aiutati a migliorare, e con una visione che possa partire relativamente dal basso e, nel prossimo futuro, spostarsi in una CAN A e B sotto il segno di una necessaria continuità, qualcosa di buono può effettivamente essere fatto. Tutto ciò, secondo me, può avvenire con uno sforzo organizzativo/gestionale che eviti di rifare le commissioni così frequentemente per questioni che non sempre, purtroppo, appaiono tecniche. Sono confidente che si possa tornare ad avere una qualità arbitrale paragonabile agli anni in cui l’Italia era un esempio per tutti e l’arbitraggio italiano era maestro di tecnica e comportamento.
Nella nuova commissione c’è di positivo che chi starà con i ragazzi sarà qualcuno che ha calcato i campi fino all’altro giorno e non solo qualcuno che potenzialmente possa aver perso un po’ il contatto con l’arbitraggio moderno. Questo vantaggio è, d’altronde, anche uno svantaggio perché nella commissione ci deve essere sicuramente qualcuno con esperienza da osservatore arbitrale o da tecnico arbitrale, perché serve anche qualcuno con esperienza di educatore/formatore e qualcuno che sappia amalgamare il tutto con l’esperienza data da un ruolo, quello dell’osservatore o membro di commissione, che per forza di cose porta ad un percorso professionale.


