Dare del “bimbominkia” è diffamazione

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La Cassazione sul temine “bimbominkia”

Tornando ora all’”offesa Bimbominkia” – dirompente così tanto appunto da far scomodare gli Ermellini – la stessa si inquadra all’interno degli estremi del reato di diffamazione, in quanto assente la persona cui è riferito il termine in esame; e aggravata in quanto l’offesa alla reputazione della stessa si concretizza attraverso il mezzo di comunicazione Facebook.

Respingendo le argomentazioni della difesa, che facevano leva sul diritto di critica, con sent. n. 12826 la Corte di Cassazione Sez. V (dep. 05/04/2022), si è espressa affermando che “non è coperta dal diritto di critica, perché si colloca al di là del requisito della continenza per applicare la scriminante”.

Rispetto al principio di continenza possiamo richiamare la precedente sentenza della Cassazione penale n. 14644/2019 che precisa: “l’esercizio del diritto di critica trova un limite immanente nel rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale”.

Quindi il termine incriminato non rientra nella scriminante del ‘diritto di critica’ ex art. 51 c.p. (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere); in quanto la parola “bimbominkia” risulta offensiva, denigratoria, lesiva della dignità dell’individuo, e pertanto esula dalla libertà tutelata all’art. 21 della Costituzione che garantisce appunto la libertà di espressione, affermando: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”; ma attenzione alla scelta delle parole.