De Luca attacca Schlein: “Il nuovo Pd? Arte povera”

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Vengo da una grande e glorioso partito che è tuttavia morto tra gli applausi. In quel partito c’erano uomini che si chiamavano Enrico Berlinguer, Amendola, Nilde Iotti, Terracini

Oggi abbiamo un po’ di arte povera tra di noi, rischiamo di morire tra le bandiere al vento». È il minuto 35 di un discorso di scarsi quaranta che però, all’indomani del commissariamento del Pd campano, assume quasi i connotati del manifesto deluchiano anti-Schlein. O meglio è la dichiarazione di guerra preventiva di Vincenzo De Luca al nuovo gruppo dirigente declamata all’assemblea provinciale dei democratici a Napoli (una prima volta per lui), il giorno precedente alla decisione del Nazareno di inviare l’orlandiano e antideluchiano Antonio Misiani in Campania

Contro quel nuovo Pd di Elly Schlein che vuole tagliare i ponti con capibastone, cacicchi, signore delle tessere, notabili locali. Peccato che sulla strada dei new dem ci sia appunto il governatore campano. Che ha perso la prima battaglia, ma venderà cara la pelle, considerato che sinora con tutti i segretari nazionali, da Matteo Renzi in poi, la partita l’ha poi sempre vinta lui.

C’è da dire che Schlein ha primeggiato solo a Napoli città. Nel resto della Campania deluchiana Stefano Bonaccini ha vinto le primarie con il sostegno di tutto il gruppo regionale. E non troppo velatamente gli uomini di De Luca in Regione lo ricordano e lo fanno pesare ad ogni piè sospinto. Tanto più perché uno dei nodi è quello del terzo mandato. Se Vincenzo De Luca e il Pd in consiglio regionale dovessero andare avanti con il progetto di modifica della legge elettorale, così come in Veneto, anche in Campania si aprirebbe l’autostrada del terzo mandato automaticamente (è come se si azzerasse il pallottoliere e i mandati ricominciassero). Per il presidente sollevare il tema è «un’idiozia» e da sempre. Non lo è per Schlein, che sul rinnovamento gioca gran parte del suo mandato elettorale.

Nel dizionario di De Luca c’è poi un’altra locuzione che gli fa venire l’orticaria: campo largo. «Un essere umano normale non può parlare di campo largo. Si può parlare del campo San Paolo, del campo di volo, ma non di campo largo. Un linguaggio un po’ distante dalle persone normali». Roba da «creativi», dice, da «turisti svedesi». Peccato che è anche l’alleanza che ha fatto vincere dopo dieci anni il Pd a Napoli, con Gaetano Manfredi. L’avversario politico vero del presidente campano, agitato dagli antideluchiani come il possibile successore in Campania.

E un assaggio che il clima è proprio cambiato si è avuto con lo scontro tra De Luca e Marco Sarracino, golden boy, in procinto di entrare nella squadra nazionale di Schlein, scalzando il figlio Piero, vicecapogruppo con i giorni contati, dicono. «Il destino della Campania si decide in Campania, non a Roma né alle Nazioni unite», rivendica De Luca.

E il giovane deputato: «La linea politica la decide il partito nazionale e basta con le civiche che fanno perdere il Pd». La distanza è siderale. «Mi commuovo: i nostri dirigenti si chiamano per nome e poi coltellate correntizie», l’amaro commento del presidente.

Simona Brandolini