Dopo quindici anni di ininterrotto dominio il sole volge al tramonto sul Principato di Salerno. Un po’ contano le ragioni anagrafiche – Vincenzo De Luca è prossimo ai 74 anni – ma soprattutto pesano quelle politiche
Il commissariamento del Pd in Campania decretato da Elly Schlein, le sue parole contro «capibastone» e «padroni delle tessere», aprono una nuova stagione. Il vento sarà tanto più forte quanto più la segretaria saprà confermare la sua leadership. Se questo accadrà, se Schlein riuscirà definitivamente a imporsi agli apparati ostili di partito secondo il mandato ricevuto alle primarie, non sarà più possibile per De Luca ricandidarsi alla presidenza della Regione nel 2025. Il famoso “terzo mandato” rispetto al quale ieri ha preso diplomaticamente le distanze anche il suo (ex?) alleato Stefano Bonaccini.
Era il 28 marzo del 2010 quando De Luca affrontò la prima volta Stefano Caldoro alla Regione Campania, provando a imporsi oltre la dimensione di Salerno. Fu sconfitto dal centrodestra e da lì a poco rinuncio all’incarico di consigliere regionale e quindi di capo dell’opposizione.
Non gli interessava la poltrona, lui voleva un potere effettivo e totale e quindi si trincerò di nuovo nella sua città. Nel maggio del 2015 De Luca ci riprovò e stavolta vinse, battendo Caldoro e Valeria Ciarambino dei 5 Stelle. Nel settembre del 2020, sull’onda della popolarità dovuta al Covid – una crisi sfruttata con indubbia sagacia – il “governatore” si impose di nuovo in Campania sfiorando il 70 per cento.
Fu quello il punto più alto della sua parabola, il vertice della popolarità. E certo fiuto e intelligenza non gli mancano, se è da trent’anni al vertice delle istituzioni locali.
Ma le cose cominciarono a cambiare già un anno dopo, nell’ottobre del 2021, con l’ingresso di Gaetano Manfredi al Comune di Napoli. De Luca lo appoggiò ma in fondo non poteva fare altrimenti. La vittoria del sindaco professore sancì la fine della stagione di Luigi de Magistris e soprattutto colmò il vuoto politico della sinistra riformista a Napoli.
È stato proprio questo deserto napoletano – ovvero l’irrilevanza del Pd e la mancanza di una classe dirigente credibile nella capitale del Mezzogiorno – a consentire l’affermazione di De Magistris e De Luca. Espressioni entrambi di due diverse forme di populismo, sebbene agli antipodi nella pratica amministrativa.
L’ex vuoto della sinistra ora è occupato da Manfredi con la sua giunta aperta ai Cinque Stelle, dal neodeputato Marco Sarracino – proconsole di Schlein a Napoli – e dall’ex presidente della Camera Roberto Fico, alleato di Giuseppe Conte. Sulla triade Manfredi, Sarracino, Fico – e su un’area larga dai Dem ai pentastellati – sta nascendo il post-De Luca. Sulle macerie del centrosinistra targato Antonio Bassolino ora esiste per la prima volta un’alternativa in Campania.
Tuttavia poiché la politica non è solo tattica ma soprattutto scelte concrete, l’esito dipenderà dai risultati di Manfredi a Napoli e da una reale ripresa dell’iniziativa del Pd nel Sud, oggi inesistente. Il consenso arriverà solo a queste condizioni. Governando meglio di De Luca, non demonizzandolo. Occupando i terreni abbandonati della politica in carne e ossa, tra la gente. Peseranno i fatti. Fico è un possibile candidato nel 2025 alla guida della Campania ma non è detto che sia il solo nome. Il presidente della Regione ha intravisto il pericolo, tant’è vero che ha già ammonito Manfredi: «Gaetano, attento alle cattive compagnie…», ovvero Sarracino, Fico e i 5 Stelle. Parole studiate, perché non c’è sindaco che possa amministrare bene il Comune senza la sinergia istituzionale con la Regione. Ma sarebbe davvero inspiegabile agli occhi dei cittadini se Napoli dovesse pagare un dazio politico. De Luca questo lo sa bene e difficilmente commetterà un errore tanto grossolano.
Dipendesse da lui sarebbe «candidato in eterno». Ma ora sulla strada del terzo mandato si frappone il commissario Pd Antonio Misiani, già viceministro dell’Economia del Conte II, uno degli autori del “Patto per Napoli”, molto legato all’ex ministro Andrea Orlando. L’ascesa di Schlein è appena cominciata. Circola sangue nuovo, giovane. È davvero difficile che De Luca stavolta la spunti. Né sembra più tempo di strappi. Il presidente ha un punto politicamente debole: il figlio. Il futuro di Piero nel Pd dipende anche dalle scelte del padre. Come fu per Grimoaldo, figlio di Arechi, signore di Salerno. Quando un giorno, sul Principato, calò lento il tramonto.
Ottavio Ragone – repubblica.it



