L’economia continua a mostrare un quadro poco attraente: i dati sull’attività (indici PMI), in Europa in particolare, sono risultati ancora deludenti. Il manifatturiero si è ulteriormente contratto, mentre i servizi hanno generalmente accelerato (tranne in Francia e UK), ampliando ulteriormente il divario fra i due
Il dato aggregato Eurozona è calato, a indicare un deterioramento dell’attività in Francia e nel sud Europa, che finora aveva fatto da traino: anche se il ritmo di crescita resta accettabile, esso è ormai interamente prodotto dai servizi mentre il manifatturiero va sempre peggio. La contrazione del manifatturiero si è confermata anche negli USA, dove l’indice è sceso sotto la soglia di 50, con i servizi sempre brillanti.
A completare un quadro in chiaroscuro è arrivato un dato decisamente forte dell’inflazione in UK risultato nettamente sopra le attese (soprattutto nella sua variazione mensile) e il secondo calo consecutivo del Pil della Germania, in rosso dello 0,3% trimestrale tra gennaio e marzo, che ha fatto sprofondare l’economia tedesca in recessione tecnica.
Oltre al tono debole e opaco dei dati macro e ai dati inflattivi, è stata poi la retorica di nuovo aggressiva dei membri delle varie banche centrali (Fed, Bce e BoE) ad impattare sui rendimenti, facendone proseguire la fase di rialzo marcato e creando buone opportunità di ingresso. Per questo abbiamo assistito ad una prima parte di settimana negativa sull’azionario: l’euro ha, pertanto, risentito negativamente del quadro macro debole locale, mentre le obbligazioni, guidate dai Gilt, sono rimaste schiacciate fra l’aggressività dei banchieri centrali e le pressioni inflattive.
Volendo fare un elenco di fattori che in questo momento stanno preoccupando in maniera negativa gli investitori, possiamo dire che i rialzi dei tassi, rallentamento economico e negoziazioni sul limite del debito in USA sono in cima alla lista.



