L’inizio di settimana è stato caratterizzato dalla mossa dell’Opec, che ha deciso di tagliare a sorpresa la produzione di petrolio di 1.16 mln di barili al giorno a partire dal mese di maggio fino a tutto il 2023
Questo ha alimentato i timori e le aspettative di nuove fiammate sui prezzi, mettendo in un primo momento pressione al rialzo sui rendimenti obbligazionari. Tuttavia, le indicazioni sopraggiunte dai dati macroeconomici dipingono un quadro ancora difficile e stanno agendo in maniera opposta. Le curve si trovano così strette fra queste due forze e proseguono la loro fase di irripidimento: il mercato aumenta le attese di rialzi dei tassi, poi il pessimo dato Ism sul settore manifatturiero Usa le abbassa in una sorta di tira e molla. Il manifatturiero negli USA conta meno del 20% dell’economia, ma tende ad anticipare il ciclo. In generale il quadro del manifatturiero globale (PMI e Ism) non appare roseo.
Un rialzo del prezzo del petrolio legato a riduzione di offerta è ovviamente un ulteriore freno per l’economia, oltre che un fattore di inflazione. La mossa potrebbe far emergere la preoccupazione del cartello per un calo della domanda indotto da un quadro macro che si fa sempre più debole.
Si conferma il rallentamento del manifatturiero cinese, con un’indicazione di stagnazione per l’indice PMI, mentre hanno fatto molto meglio i servizi che hanno mostrato notevole forza. Anche le vendite di case sono cresciute a marzo per il secondo mese di seguito a dimostrazione di una (temporanea) stabilizzazione dell’immobiliare.
Negli Usa anche la crescita dei prestiti ha subito una battuta d’arresto a causa dell’aumento del costo di finanziamento di alcuni istituti medio-piccoli e delle problematiche di altri: il rischio è di andare in direzione di un costante deterioramento delle condizioni di credito alla piccola e media impresa USA, con ripercussioni sull’economia.


