La legge Fornero rimarrà sostanzialmente vigente a seguito dell’adozione del Def, il documento di economia e finanza approvato lo scorso lunedì dal Consiglio dei Ministri e il primo dell’era Meloni
In tema previdenziale, il solo intervento di sostanza è rappresentato dalla fiscalizzazione degli oneri sociali, il cosiddetto cuneo fiscale, gravanti sulla busta paga del lavoratore dipendente, per il periodo da maggio a dicembre del corrente anno, affinché le retribuzioni fino a 25.000 euro possano crescere, moderatamente s’intende!, senza costi aggiuntivi per l’imprenditore datore di lavoro.
La fiscalizzazione degli oneri sociali non racchiude alcunché di innovativo, anzi è un tipo di manovra la cui ideazione risale ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale della prima Repubblica con l’obiettivo di agevolare determinate categorie professionali, anagrafiche e reddituali.
Per il resto, i requisiti per l’accesso alle pensioni di anzianità e di vecchiaia rimangono sostanzialmente gli stessi vigenti dal 2012, anno in cui entrò in vigore la legge Monti Fornero con quale venne in tutti i sensi pensionata la preesistente legge Berlusconi Dini che risaliva al 1995.
Successivamente al 2012, su spinta dei vari partiti politici, di tutti gli schieramenti, vennero autorizzate delle finestre temporali per anticipare il pensionamento di coloro che altrimenti sarebbero stati esodati senza salario né assegno Inps.
La stessa quota 100 di salviniana memoria altro non è se non una finestra di questo tipo, soltanto un po’ più generosa negli importi medi degli assegni ma formalmente un provvedimento temporaneo e quindi di fatto confermativo esso stesso della contestatissima (dalla Lega) Fornero.
Se la legge più rappresentativa del Governo Monti, quindi, rimane in piedi con tutti gli annessi e connessi conseguenti, a essere cancellate, entro i prossimi ventiquattro mesi, potrebbero essere i famigerati ruoli e le cartelle esattoriali, le buste verdi che oramai dal 2006 turbano i sonni di 19 milioni di contribuenti Italiani.
Questa, però, non è necessariamente una buona notizia. Anzi! Non lo è proprio. La cosiddetta riforma Leo, dal cognome del viceministro di Fratelli d’Italia che ha lavorato al disegno di legge delega oggi all’esame del Parlamento per una approvazione finale attesa tra maggio e giugno, da cui decorrerà il biennio necessario ai decreti delegati attuativi, contiene all’interno delle proprie formule giuridiche una serie di possibili insidie delle quali si dovrà tenere conto per attenuare la loro portata negativa su una economia che rimane debole.
A oggi, nei cassetti di agenzia entrate riscossione giacciono 170 milioni di cartelle esattoriali, corrispondenti a 1150 miliardi di presunti crediti erariali nei confronti di cittadini, famiglie, professionisti e imprese. Secondo le simulazioni operare dagli uffici del direttore generale Ernesto Maria Ruffini, appena il 6 o 7 per cento di tale elefantiaco importo potrà essere realisticamente recuperato.
La situazione sopra evidenziata è altresì la conferma, nemmeno tanto indiretta, sia del fallimento delle quattro rottamazioni susseguitesi (perché è chiaro che chi è in difficoltà paga le prime rate ma poi non riesce più sulle successive), sia della mancata conoscenza della legge 3 del 2012 e successive modifiche, la cosiddetta legge anti suicidi del governo Monti che prevede le soluzioni della esdebitazione e dell’esdebitamento: un pratica la cancellazione o l’abbattimento del debito finanziario gravante sul cittadino che richiede l’attivazione di tale strumento normativo.
Se le percentuali di recupero realistiche sono quelle, pertanto, viene da chiedersi come mai non si sia proceduto a una più ragionevole soluzione forfettaria di risanamento tombale delle pendenze pregresse, in un vero e proprio patto tra erario e contribuente per aprire una conseguente fase del tutto nuova fondata su certezza del diritto fiscale, prevenzione del contenzioso tributario, chiarezza preventiva sulle somme da versare allo Stato, o agli enti locali competenti, a fronte di progetti certificati di investimento, produzione e lavoro.
Invece no: la graduale sparizione del sistema dei ruoli e delle cartelle sarà soppiantata da un altro che prevede, secondo quanto previsto dalla riforma Leo, il discarico automatico, in pratica la rinuncia, dei crediti erariali rimasti inesatti, però tra mille eccezioni che in buona sostanza ne consentiranno la sopravvivenza per legge; lo scambio di informazioni in tempo reale tra agenzia delle entrate e istituti creditizi, spazzando via per sempre quel poco che rimane della privacy bancaria con l’abolizione della comunicazione annuale dei saldi di conto corrente e la possibilità di pignorare immediatamente gli stessi; l’unificazione delle varie pendenze in funzione del codice fiscale del contribuente e il riconoscimento allo stesso della possibilità di dilazionare il pagamento in 120 rate corrispondenti a dieci anni entro cui attuare il recupero del credito.
Come potrà essere concesso tale beneficio, e a che condizioni, saranno i decreti delegati a dirlo, senza che il Parlamento possa più emendare gli stessi ma tutt’al più emettere su di essi pareri non vincolanti per palazzo Chigi e il MEF. Il quale avrà in concreto pieni poteri per fissare queste modalità di concerto con i tecnici dell’agenzia delle entrate.
Il nostro giornale seguirà con capillare attenzione l’iter della riforma fiscale, interpellando le forze economiche e sociali nonché esponenti politici di maggioranza e opposizioni, nella consapevolezza di come un passaggio fondamentale, per migliorare la delega fiscale, potrà consumarsi solo in Parlamento prima della sua definitiva approvazione. Dopo di che, ogni potere di regolazione passerà in maniera irreversibile all’esecutivo e ai dirigenti ministeriali.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




