Di Battista: “La guerra e la civiltà dei consumi”

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Veniamo alla guerra. La Meloni continua a ripetere che “scommette sulla vittoria dell’Ucraina”. Ebbene, tale scommessa (rischiosissima tra l’altro e che ha a che fare con decine di migliaia di morti) unita al massiccio invio di armi a Kiev, non solo pone il governo italiano in una ormai palese posizione di cobelligeranza ma mostra la chiarissima incostituzionalità delle azioni governative. L’Italia, è bene ricordare, ripudia la guerra non soltanto come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, ma anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Armare un paese fino ai denti, rendendo, tra l’altro, il suo esercito uno dei più potenti dell’occidente e allo stesso tempo scommettere sulla vittoria finale di tale esercito significa, indubbiamente, tentare di risolvere una controversia internazionale con la guerra. Questo l’Italia oltre a non doverlo fare, non può farlo. Ma Mattarella tace. La settimana scorsa, dopo essersi opposto per mesi, Biden, bontà sua, ha dato l’ok agli alleati che ne dispongono, di dotare l’aviazione ucraina di caccia F-16.

Questa notizia ha oscurato la presa di Bachmut da parte russa dopo la battaglia più sanguinosa dall’inizio della guerra. Gran parte dei giornali italiani hanno da un lato sostenuto che la vittoria di Mosca a Bachmut fosse una vittoria di Pirro (pare siano morti oltre 50.000 soldati ucraini ma raccontarlo cozza con la trionfalistica narrazione bellicista occidentale) dall’altro hanno insistito sull’ipotetica svolta che vi sarà grazie agli F-16 a Kiev. Le solite storielle che ci hanno raccontato negli ultimi 18 mesi insomma.
La guerra e la civiltà dei consumi

La solita ipotetica svolta ottenuta grazie all’ultimo pacchetto di armi inviato. Quel che ci dissero dopo l’invio dei razzi anticarro Javelin, dei lanciarazzi multipli Himars, dei Patriot, dei Leopard. Il tutto per convincerci della bontà della strategia occidentale in Ucraina. Adesso proviamo a pensare alla guerra come una delle innumerevoli modalità per rafforzare il fine ultimo della civiltà dei consumi, per dirla alla Pasolini.

Ovvero evitare in ogni modo che la domanda di merci cresca meno dell’offerta. Quando questo è avvenuto gli esiti per la produzione industriale sono stati catastrofici. Ebbene qual è il solo modo, ancor di più in un momento in cui la maggior parte dei giovani, giustamente, pensa alle lotte ambientali e climatiche, per accrescere la produzione industriale di armamenti? Fare (o promuovere) guerre e convincerci, oltretutto, che queste siano scontri di civiltà da vincere ad ogni costo. Questa è la “scommessa” meloniana sulla vittoria ucraina. Non sappiamo chi vincerà sul campo. Sappiamo chi sta vincendo nei consigli di amministrazione.

La guerra e la civiltà dei consumi – Modelli economici e industria delle armi

Gli F-16 sono aerei da combattimento progettati e sviluppati dalla General Dynamics e poi prodotti dalla Lockheed Martin, la più grande fabbrica di armi al mondo. La Lockheed Martin produce anche gli F-35. Gli F-16 sono caccia non dico obsoleti ma sicuramente meno moderni, potenti e costosi degli F-35. Il primo F-16 volò nel 1974 quando a capo dell’URSS c’era Brežnev e alla Casa Bianca Gerald Ford. Proprio nel 1974, a Vladivostok, i due si incontrarono per riprendere i negoziati per la limitazione delle armi strategiche, che si erano interrotti due anni prima. Il mondo era diviso in blocchi, eppure i due trovarono un accordo per la dismissione di armi potenzialmente distruttive per l’umanità intera.

Oggi, ad Hiroshima, proprio ad Hiroshima, i leader dei principali paesi occidentali (alcuni dei quali si credono scioccamente ancora i leader dei paesi più potenti al mondo) sostenendo, di fatto, che un negoziato in Ucraina ci sarà soltanto quando le truppe russe avranno abbandonato i territori conquistati, hanno scelto (non so se lucidamente) di accelerare quel processo di distruzione irreversibile del pianeta innescato dal dominio della civiltà dei consumi. Quella civiltà per la quale le guerre, sono fondamentali. D’altronde, il solo modo per spingere i paesi alleati (e le pubbliche opinioni ad accettarlo) a comprare F-35 è dismettere gli F-16.

E qual è il modo più rapido per dismetterli? Donarli e farli distruggere. E’ la guerra e, soprattutto, è il modello economico che ci circonda e che non accetta la produzione di oggetti che durano di più e sono recuperabili. E questo vale per le auto, per i cellulari, per i pc, per i forni a microonde e per i cacciabombardieri.

La guerra, soprattutto oggi, è necessaria per evitare che diminuisca la domanda di sistemi d’arma, ovvero quel che farebbe crollare la produzione militare. In particolare, poi, vi è una tipologia di guerra particolarmente utile a tale obiettivo: l’endless war, la guerra senza fine.

Come la guerra in Afghanistan la quale, se fosse durata pochi mesi e non vent’anni, gli oltre 2000 miliardi di dollari spesi dai paesi occidentali per portarla avanti sarebbero rimasti nelle casse degli stati per la gioia di medici, infermieri e pazienti, professori, maestre e alunni, ricercatori e genitori che li vedono fuggire via. Non certo per quella dei consiglieri di amministrazione della Lockheed Martin e dei fondi finanziari che ne detengono i principali pacchetti azionari.