Le sanzioni alla Russia sono una barzelletta

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Quello tra il 2022 e l’inizio del 2023 è stato un periodo d’oro per le esportazioni italiane. Il Made in Italy, complice anche i prezzi in aumento, ha fatto segnare flussi record verso quasi tutti i Paesi del mondo. Alcuni di questi movimenti però, dalle parti di Bruxelles e di Washington, stanno accendendo più di un campanello di allarme. Perché gli aumenti sono molto sopra la media

Perché coinvolgono Paesi che storicamente non sono tra i primi partner commerciali dell’Italia o dell’Europa. E soprattutto perché quei Paesi sono accomunati da una caratteristica sensibile: sono tutti vicini, geograficamente e politicamente, alla Russia sotto sanzioni.

Il caso più eclatante è quello del piccolo Kirghizistan, verso cui le esportazioni italiane sono aumentate del 178% nel 2022 e dal 409% nel primo trimestre di quest’anno. E aumenti fuori scala, con massimi storici superati di slancio, sono anche verso il Kazakistan (+67% sia l’anno scorso che quest’anno), la Georgia (+57% tra gennaio e marzo) e l’Armenia (+80% lo scorso anno, e ancora raddoppio all’inizio del 2023).

La spiegazione, avvalorata da un aumento paragonabile dei flussi da quei Paesi verso la Russia, è che attraverso queste rotte passino e poi arrivino a destinazione una parte dei container che prima venivano spediti direttamente a Mosca. E il sospetto di Bruxelles e Washington è che all’interno ci siano anche alcuni beni sottoposti a sanzioni, come l’elettronica avanzata o le tecnologie ad uso duale, civile e militare, o i beni di lusso. Sanzioni che quindi il regime di Mosca starebbe riuscendo ad aggirare, con la connivenza di governi amici e quella, più o meno consapevole ma certo interessata, delle aziende italiane ed europee

Filippo Santelli