Il vento nel mar Ionio è calato, l’onda pure e la Flotilla per Gaza, partita sabato 19 da Capo Passero in Sicilia, ieri ha avuto una giornata di navigazione tranquilla. Sulle barche però è arrivata l’ennesima dichiarazione pilatesca del ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Mi auguro che non succeda nulla, abbiamo chiesto al governo israeliano di tutelare i nostri cittadini e soprattutto i parlamentari”, ha detto Tajani al Festival di Open, il giornale online di Enrico Mentana.
“Poi bisogna vedere cosa fa la flottiglia: se per gli israeliani commette un reato, il rischio è quello del fermo e dell’espulsione come è successo in passato”, ha proseguito il capo della diplomazia italiana, come se non sapesse che “in passato” Israele ha bloccato le imbarcazioni dirette a Gaza in acque internazionali, dunque illegalmente. E ancora: “Noi ci siamo raccomandati di tutelare i nostri cittadini, di più non possiamo fare. Non possiamo dichiarare guerra a Israele e accompagnare con la Marina militare la flottiglia e violare il blocco navale di Israele”.
Prende un po’ tutti per scemi, Tajani-Pilato, come se il mondo intero non vedesse che la Flotilla prova a portare ai palestinesi gli aiuti umanitari che non arrivano dai governi come il suo, legati ad Israele da mille accordi. Lo sa talmente bene che ieri Fabio Rampelli di FdI ha rivendicato gli aiuti italiani, per lo più bloccati da Israele ai valichi della Striscia, ma ha pure riconosciuto la “legittimità” della Flotilla. Ma dalle barche, nella chat dei circa 50 italiani a bordo, protestano:
“La Farnesina si sta accordando con quei criminali per il nostro arresto”. La certezza di non andare oltre l’arresto e l’espulsione sarebbe comunque già qualcosa, sempre meglio di una sventagliata di mitra o del carcere speciale promesso di fatto dal ministro estremista israeliano Itamar Ben Gvir, ma sul piano politico non basta.


