Direzione Pd, passa la linea di Letta

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Una veduta esterna della sede del Partito Democratico in Largo del Nazareno nel giorno della direzione nazionale, Roma, 3 maggio 2018. ANSA/FABIO FRUSTACI

Un congresso costituente, da portare avanti con un lavoro di opposizione parlamentare “duro e intransigente”, e da concludere entro l’inverno o all’inizio della primavera. Tradotto, “a metà marzo”. Con questa proposta Enrico Letta chiude la lunga direzione del Pd al Nazareno, segnata dal voto finale alla relazione del segretario uscente: un’approvazione piena, che registra un solo voto contrario (Monica Cirinnà) e due astenuti

Si farà, quindi, il congresso in quattro fasi: aperto ben oltre il Pd, con momenti di approfondimento sui principali nodi da sciogliere; e si concluderà con le primarie, alla fine dell’inverno. A stretto giro, il candidato di “Italia democratica e progressista” convocherà una nuova direzione per fissare i tempi di ogni singola tappa. È l’avvio di un percorso che dovrebbe portare, almeno nelle intenzioni, a un profondo cambiamento del partito e del suo gruppo dirigente. Non quindi un nuovo simbolo, un progetto nuovo, completamente diverso, ma una “rifondazione”. Del resto, Letta sul simbolo era stato chiaro: “Ne sono innamorato”.

La lunghissima riunione (più di ottanta interventi per oltre dieci ore), a tratti agitata e nella quale non sono mancate critiche e attacchi al gruppo dirigente, sembra quindi far trovare la quadra su come muoversi e agire nei prossimi mesi, mentre la nuova legislatura si avvia e il prossimo governo (il primo in Italia guidato da una donna) si prepara a muovere i primi passi.

Ed è proprio sulla questione femminile che si consuma uno degli scontri più forti, con la presidente Valentina Cuppi (uno dei tanti non eletti) a parlare esplicitamente di “maschilismo” all’interno del gruppo dirigente. Il segretario incassa e rilancia: quello della rappresentanza di genere nel partito è un tema centrale. Per questo, propone il segretario dimissionario, anche i prossimi capigruppo al Senato e alla Camera siano donne, come aveva deciso già nella legislatura appena conclusa.

Una proposta che però non piace a uno dei veterani, Luigi Zanda, per il quale devono essere i gruppi parlamentari a decidere.