Si può continuare a registrare i figli di coppie omogenitoriali, sfidando una legge che si ritiene ingiusta? Si può fare se qualcuno si assume questo tema in termini di civiltà ma anche costituzionali. È possibile che la Costituzione non abbia niente da dire su questo argomento? È possibile che non si possa utilizzare la Costituzione per promuovere diritti così evidenti? Dovrebbe, dato che l’articolo 3 della Costituzione parla di «pari dignità»
Oggi si fa pagare ai bambini un orientamento ideologico. Tanti anni fa la Corte costituzionale discuteva dei diritti dei bambini definiti dalla legge incestuosi, che secondo la legislazione non godevano dei diritti dei bambini naturali. Come se i bambini non fossero tutti naturali. Alla Corte c’erano dei giudici che dicevano: non possiamo riconoscere i diritti di questi bambini sennò legittimiamo l’incesto. Un ragionamento da società tribale dove le responsabilità passano di generazione in generazione.
Anche la situazione attuale è in contrasto con la Costituzione e oggi io mi vergogno di essere un costituzionalista e di non aver fatto nulla per promuovere certe iniziative in aggiunta a quelle di tipo politico. Ma c’è un mezzo giuridico previsto e ammesso dalla Costituzione che è la disobbedienza civile.
Vuol dire per i sindaci continuare registrare i figli di queste coppie. Una persona registra, poi arriva l’intimazione delle autorità di governo che impongono la cancellazione dal registro di stato civile. Si impugna questo provvedimento e si va alla Corte costituzionale. Questo è accaduto molte volte, per esempio con gli obiettori di coscienza del servizio militare. Oppure pensiamo all’eutanasia con dj Fabo. Si viola consapevolmente la legge e poi nel processo si solleva la questione e si va alla Corte.
Da sindaca di Torino, Chiara Appendino è stata la prima che ha provato a contrastare questa pericolosa tendenza. I sindaci non sono burocrati ma sono rappresentanti di una comunità. Non sono la “longa manus” della burocrazia ministeriale ma devono rappresentare le esigenze della loro comunità. Sono espressione di un potere dal basso. Il mio invito è che si cominci a creare un coordinamento fra sindaci che condividono quella battaglia. I sindaci continuino a registrare, poi arriveranno i contrordini, ma si deve andare avanti impugnando la questione e arrivando, se necessario, di fronte alla Corte costituzionale. Questi dissidenti non sono fuorilegge. Ma sono degli eroi della Costituzione come lo sono stati coloro che hanno contestato la norma del codice penale sull’aiuto al suicidio o la riduzione delle pene per il consumo di stupefacenti.
Nel 1954 la più grande rivoluzione civile americana, cioè il riconoscimento dei diritti alla comunità nera, è nata perché una ragazza su un mezzo pubblico si è rifiutata di cedere il posto ad un bianco. Un piccolo gesto che però sommato a tanti altri ha creato un movimento capace di cambiare le cose: qui oggi sta succedendo qualcosa di simile.
* Estratto dell’intervento di Gustavo Zagrebelsky, intervistato ieri da Annalisa Cuzzocrea al Teatro Carignano di Torino
GUSTAVO ZAGREBELSKY



