Di fronte al dilagare letterale di violenze e crimini, non di rado gratuiti e consumati sia per intenti predatori che per cattiveria fine a se stessa, consumati dalle cosiddette baby gang – fenomeno che credevamo ascritto a realtà d’oltralpe o d’oltre Atlantico – il Governo Meloni ha deciso di infrangere un tabù storico
Quello di riconoscere la punibilità dei giovani non ancora diciottenni, affinché si possa procedere all’arresto per chi ha un’età anche solo di 14 anni e sia stato sorpreso in flagranza di reato.
Il provvedimento, noto come decreto Caivano in ossequio al più recente sopralluogo compiuto dalla Premier Giorgia Meloni in Campania, intende imprimere una robusta svolta per quanto riguarda le condizioni di non punibilità dei minorenni, oggi divenute non più adeguate di fronte a una accresciuta consapevolezza e lucidità di delinquere addirittura dai dodici anni anagrafici in su.
Il proposito di palazzo Chigi, su spinta in particolare della Lega nelle persone del leader e vicepremier Matteo Salvini e della parlamentare e avvocato Giulia Bongiorno, è di equiparare il crimine commesso da un quattordicenne, o di età inferiore, a quello compiuto da un adulto. Questo perché – spiega in particolare l’onorevole Bongiorno – lo sviluppo incontrollato dei mezzi di comunicazione interattiva espone i ragazzini a continue sollecitazioni che li rendono perfettamente coscienti nel momento in cui pongono in essere una condotta aggressiva e illegale.
Che l’attuale codice non sia più adatto a fronteggiare il fenomeno delle bande giovanili e minorili lo si evince dai continui e quotidiani episodi di cronaca che addirittura non costituiscono più una notizia di rilievo, tanto ormai sono ricorrenti e previste con rassegnazione dagli inermi cittadini.
Una tendenza sociale fattasi addirittura più esplosiva per effetto dell’aggiunta, nel tempo, delle seconde e terze generazioni di cittadini italiani di origine specialmente africana che creano un clima da banlieue nelle aree metropolitane e pure in quelle urbane più piccole.
Le misure all’esame del Consiglio dei Ministri prevedono, accanto a interventi diretti sulle sanzioni e sulle fasce anagrafiche di punibilità del codice penale, una serie di interventi di tipo amministrativo, come il Daspo urbano attribuito al Questore di allontanamento coatto di un minorenne che delinque da una certa zona della città, oppure la requisizione del telefono cellulare per i 14enni colti in flagranza.
Sarà stabilita poi una maggiore vigilanza, utilizzando strumenti informatici, affinché i minori non possano accedere a siti a luci rosse suscettibili di indurre a commettere reati di violenza sessuale come avvenuto a Caivano o a Palermo.
Non meno interessante è il capitolo che prevede di multare monetariamente i genitori di giovani fra i 12 e i 14 anni destinatari di un richiamo a opera delle autorità di pubblica sicurezza, sebbene l’importo della sanzione sia troppo morbido, appena mille euro. Vengono però ipotizzati fino a due anni di carcere per i familiari, titolari di patria potestà, che omettono i propri obblighi educativi e non iscrivano i figli alla scuola dell’obbligo.
Pertanto, anche se sulla misura della punizione statale si può e si deve discutere, per renderla più efficace facendo altresì coincidere il percorso di rieducazione con l’obbligo a risarcire la comunità danneggiata con lavori socialmente utili, la direzione intrapresa pare essere quella giusta.
A mio avviso, si dovrebbe insistere di più sulla responsabilità oggettiva di padre e madre o di chi è titolare della potestà e della vigilanza educativa: quella genitoriale è una responsabilità troppo elevata che oggi non viene più adempiuta, come dimostrano i comportamenti messi in atto dai giovani e giovanissimi contro i propri coetanei e contro i beni pubblici e di terzi. Servono sanzioni molto forti di tipo economico e professionale fino alla previsione che gli stessi familiari negligenti siano chiamati dalla legge ad affiancare i figli rei nei lavori risarcitori di pubblica utilità.
Nel caso in cui il decreto Caivano sarà approvato, e poi convertito in legge, l’altra sfida sarà quella di separare i detenuti ragazzini dai pluripregiudicati adulti, affinché questi ultimi non mettano in atto riti di iniziazione. Per questo deve essere al più presto resa attuativa la proposta del ministro della giustizia, Carlo Nordio, di recuperare le caserme dismesse per farne luoghi di detenzione per i reati provocati da soggetti tendenzialmente recuperabili o con carriere criminali non ancora lunghe.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI




