Domenica 12 giugno siamo chiamati a pronunciarci sui cinque referendum sulla Giustizia

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Io andrò a votare perché sono convinto che il referendum sia una preziosa e irrinunciabile espressione della democrazia diretta e in quanto tale va utilizzato ogni volta che se ne ha l’occasione, al di là di come la si pensi su ogni singolo quesito.
I sondaggi prevedono invece una bassa affluenza alle urne e indicano una probabile difficoltà al raggiungimento del quorum. Le cause sono diverse: da più parti si lamenta una quasi totale assenza di informazione ed è vero anche che l’opinione pubblica è distratta da notizie più coinvolgenti.
Ma è la struttura stessa dei referendum abrogativi a prestare il fianco a pratiche ostruzionistiche e a premiare chi non partecipa. Dal 2018 giace in Senato, approvato dalla Camera, un disegno di legge di riforma costituzionale che introduce il referendum propositivo: uno strumento che permette di arrivare al quorum strutturale zero e deliberativo al 25% proprio per garantire l’approvazione di proposte con un largo consenso da parte dei cittadini.
È importante che quel testo prosegua nel suo iter per diventare legge se vogliamo consentire ai cittadini di esprimersi su quesiti compiuti e se vogliamo evitare in futuro che l’astensione vanifichi la partecipazione popolare.