Domingo Villar – L’ultimo traghetto – Milano, Salani, 2019, 639 p. (220)

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Non conoscevamo questo scrittore che ha pubblicato altri libri scritti in spagnolo e gallego – due dei quali (2006, 2009) dedicati alle indagini dell’ispettore Leo Caldas – e, pur avendo letto molti romanzi del genere, ci ha stupiti per l’originalità della sua impostazione scenica, per la ricerca attenta delle soluzioni scelte nella risoluzione della trama e per la scorrevolezza di massima della sua prosa; anche se, nonostante i tagli suggeriti da Elena e Estrella, è stati lasciato ancora qualche “ramo in eccesso…”, quindi qualche prolissità e rimasugli letterari (639 pagine… otto anni per la stesura)

L’ultimo traghetto racconta la scomparsa improvvisa di una giovane, Mònica, figlia di un primario con cui non va molto d’accordo, che insegna in una scuola di arte e mestieri, dalla personalità ricca di coscienza, senso di giustizia ed umanità, aspetti fondamentali che caratterizzano e determineranno gli avvenimenti della narrazione,

Un bel giorno Mònica Andrade scompare senza lasciare traccia, ma il padre, celebre cardiochirurgo, ne impone la ricerca, addirittura indirettamente indirizzando le indagini dell’ispettore Caldas (e del suo capo che ha un obbligo morale nei suoi confronti) verso Camilo, un giovane disadattato e schivo che non parla ma disegna magistralmente bene ed è dotato di una memoria prodigiosa.

In un primo momento pare che gli indizi diano ragione a papà Andrade, ma l’ispettore – dotato di molta logica e razionalità ma anche di tanto intuito – non è del tutto convinto.

La trama si complica quando spuntano delle telefonate tra la Spagna (Vigo – Tiràn: la tratta del traghetto in questione), luogo della scomparsa, ed il Portogallo, apparentemente senza alcun nesso, ma che saranno la chiave che risolverà il caso.

Caso che, con molta acutezza, Villar sa complicare prima indirizzandoti con logica ferrea su alcuni indiziati, per poi subito dopo smontarne la relazione, lasciandoti con un pugno di mosche in mano.

Il fulcro del romanzo è ambientato in una scuola, dove Mònica insegna, con alcuni personaggi “lineari” ed altri ricchi d’ombre; il traghetto in questione porta la ragazza tutte le mattine da Tiràn, dove abita, alla scuola che si trova a Vigo, con il tratto intermedio percorso con una bicicletta che viene lasciata all’imbarco e la sera ritirata.

Proprio questa bicicletta – innocente ed inoffensiva! – e la sua posizione all’attracco di Tiràn dove la ragazza abita, lì abbandonata non dall’interessata e neanche dai “non colpevoli” della scomparsa, confonderà le acque in maniera devastante.

Intrattiene amabilmente il lettore anche un arguto e forbito mendicante/barbone, Napoleòn, col suo cane, Timur, ed i suoi puntuali e coerenti motti in latino che intrigano… anche l’ispettore Caldas.

Tutte le pagine sono intrise di profonda umanità, sensibilità ed acutezza visiva letteraria nell’esporre fatti, avvenimenti e “sorprese”; aspetti che portano il lettore a constatare personalmente quanto vero sia il giudizio de “El Pais” su questo libro: “Uno dei fenomeni editoriali più importati di questi ultimi anni!”.

Franco Cortese  Notizie in un click