Draghi senza bussola

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Mario #Draghi è tra le personalità più consapevoli e capaci della classe dirigente mainstream. In un’impegnativa lectio al #Meeting25 , riconosce il cambio di stagione storica e la marginalità #Ue . Poi, la sollecita a essere protagonista, invece che spettatrice. Chi potrebbe dissentire? Il punto è che senza una bussola per navigare mari in tempesta è difficile rimanere a galla e, tanto più, imboccare la rotta giusta. La bussola è, innanzitutto, la lettura delle cause, anche remote, storiche, culturali, antropologiche, del cambio di stagione.
Per costruire un’altra Europea, è decisivo rispondere ad alcune domande. Perché è fallito l’ordine neoliberale mercantilista? Perché, nel 2016, proprio dove era nata e per prima si è affermata l’ideologia neoliberale, è arrivata la Brexit e, a ruota, Donald Tramp è approdato alla Casa Bianca? Il mercato unico europeo, retoricamente celebrato, non è stata la realizzazione estrema di quell’ordine? Ha davvero portato i benefici economici e sociali attribuitigli? Dov’è l’evidenza empirica? Nei manuali di economia, la concorrenza nei liberi mercati porta benessere a condizione che vi sia “level playing field”, ossia si giochi con le stesse regole.

Com’è il terreno di gioco europeo dove vige, feroce, il dumping fiscale, spesso paradisiaco, e il dumping sociale? Almeno ex-post, per evitare di ripetere l’errore con l’Ucraina e gli altri Stati ex comunisti in lista d’attesa per entrare, non si dovrebbe riconoscere che l’allargamento a Est è stato fattore di moltiplicazione della svalutazione del lavoro e di disuguaglianze, oltre che della divergenza di interessi geopolitici? Perché nelle urne, anche da questa parte dell’Atlantico, le classi medie e l’universo del lavoro si rivolgono sempre più verso “sovranisti” e “populisti” e colpiscono le famiglie politiche tradizionali così impegnate sul fronte euro-mercantilista?
È benvenuto realismo da parte di Mario Draghi l’abiura implicita degli Stati Uniti d’Europa, già compiuta nel suo famoso Rapporto sulla competitività. Finalmente, si ammette che, per produrre essenziali e urgenti beni pubblici europei e rimanere nel gioco della grandi potenze, l’ “azione comune” può essere generata soltanto dal concerto di Stati nazionali, l’unica dimensione politica democratizzata dall’umanità. Ma, prima di trovare la convergenza, è necessaria una adeguata linea politica. L’umiliazione subita sul versante dazi e sul versante #Ucraina non deriva dalle divergenze tra i governi europei, ma dall’insostenibile agenda seguita (anche dal Presidente del Consiglio Mario Draghi). Il commercio internazionale è materia interamente delegata alla Commissione.

Gli Stati nazionali, caricaturizzati anche nella lectio di Rimini come istituzioni politiche intrinsecamente volte al nazionalismo e alla guerra, nonostante i principi scolpiti nella nostra costituzione, hanno finanche attribuito a Palazzo Berlaymomt l’Anti-coertion instrument, il bazooka per le reagire agli attacchi commerciali, attivabile a maggioranza degli Stati membri. Per quanto riguarda la drammatica vicenda ucraina, l’irrilevanza dell’Ue sta nella subalternità dei governi europei all’establishment neocon largamente presente nel Partito Democratico a stelle e strisce; sta nell’interpretazione della #Russia come “minaccia esistenziale” e, a cascata, nella scelta intrupparsi militarmente nella crociata Occidente contro resto del mondo, salvo poi rimane spiazzati dal Arealismo dell’Amministrazione #Trump in Alaska.

Insomma, per riconquistare un qualche spazio politico nel pianeta multipolare, dove è finita l’illusione #USA del dominio attraverso il mercato scatenato, nelle nazioni del vecchio continente devono maturare una cultura politica e una consapevolezza storica e prevalere interessi economici e sociali da lungo tempo al margine