È da marzo che l’Etna sbuffa sabbia nera e non esiste riparo, non ci sono nascondigli

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Benché l’Italia non se ne sia accorta, questa polvere scura è diventata un altro mal di vivere nella Sicilia del Vulcano.

E a volte accade di notte, a volte “piove” di giorno: preceduta da un boato imprevedibile e improvviso, la polvere satura il cielo e svuota le strade dove tutti, tossendo, lacrimando e starnutendo, corrono a rifugiarsi dentro i portoni, nei negozi, nelle automobili in sosta. Ma è inutile, perché i depositi vischiosi si addensano sui capelli, sugli abiti, sotto le unghie e, nonostante le mascherine, anche dentro la bocca. Fine e abrasiva, è la cenere di nuove emozioni urbane.
Sbandano gli autobus, l’aeroporto apre e chiude a intermittenza, c’è la bizzarria degli ombrelli distribuiti dai bagnini nei lidi balneari dove anche il bianco e il blu delle cabine si tingono di nero, in una sorta di pastiche felliniano-etneo. Si diffonde l’uso domestico dei soffioni da giardino per ripulire non solo davanzali e terrazze, ma anche gli interni, il bagno e il soggiorno, i letti e gli armadi.
La cenere dellaggredisce i motori di barche e pescherecci ed è la paura dei cuochi. I gesti sono quelli della fuga, il rumore è il tonfo di pietre che in realtà non ci sono. I suoni minacciosi sono quelli del movimento perché la polvere nera si sposta dai crateri e annerisce Catania mentre invade Taormina e, in pochissimi minuti, copre più di trenta comuni. Diventano nere Giarre e Acireale e già la cenere attacca e corrode le facciate di “azolo”, che è un’altra polvere, anch’essa di lava, ma di un altro colore, variante bluetto-grigia del nero dell’Etna, che è il nero più colorato del mondo.

Francesco Merlo