È rottura sull’ex Ilva

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Il secondo incontro in una settimana tra governo, commissari e sindacati, tenutosi ieri a Palazzo Chigi, si è chiuso con la decisione di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil di proclamare lo sciopero.
I sindacati accusano l’esecutivo di aver presentato un piano di dismissione del siderurgico, con la cassa integrazione per fino a 6 mila lavoratori, e chiedono il ritiro del piano e la ripresa della discussione sul futuro degli stabilimenti. Michele De Palma (Fiom Cgil) afferma che il governo ha confermato il piano di chiusura e che servirebbero risorse per garantire continuità alle attività e occupazione, preferendo un’azienda pubblica per il processo di decarbonizzazione.
Rocco Palombella (Uilm Uil) sottolinea che dal primo marzo non ci saranno più solo 6 mila lavoratori in cassa integrazione, ma l’intero personale, definendo la situazione “una sciagurata idea” che metterebbe a rischio oltre 10 mila posti.
Ferdinando Uliano (Fim Cisl) denuncia un ridimensionamento totale delle attività, soprattutto nelle aree a freddo, e ribadisce la necessità di un intervento statale come imprenditore.
Il governo, dal canto suo, ha annunciato che non ci sarà estensione della cassa integrazione e che saranno previsti percorsi di formazione per aggiornare i lavoratori alle nuove tecnologie green e per aumentare la capacità produttiva, concentrando risorse anche sulla manutenzione degli impianti.
Palazzo Chigi ha inoltre fatto il punto sulle trattative per la cessione del gruppo, con il secondo bando chiuso il 26 settembre e contatti riservati con possibili acquirenti, confermando la disponibilità a mantenere aperto il confronto.