EDUCAZIONE FINANZIARIA, L’OCSE LANCIAVA L’ALLARME GIÀ NEL 2005

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L’organizzazione mondiale dello sviluppo economico, in una fase storica in cui le crisi dei mutui subordinati e dei debiti sovrani sembravano ipotesi irrealizzabili, per non parlare di pandemie o guerre alle porte dell’Unione Europea, aveva chiaramente dichiarato l’assoluta necessità di promuovere l’alfabetizzazione economica fin dalle scuole e fin dalla giovanissima età delle persone

Purtroppo, al confronto con il resto dell’Unione Europea, con particolare riferimento ai Paesi nordici, l’Italia si è contraddistinta per iniziative in diversi casi meritorie ma circoscritte ad attività volontaristiche e di mecenatismo didattico – come quelle portate avanti in maniera instancabile da 30 anni dal Banchiere internazionale e giornalista scrittore Beppe Ghisolfi – e mai recepite in norme universali di efficacia generale.

I risultati sono evidenti, e si misurano da livelli di conoscenza – certificati dai sistemi di valutazione PISA e INVALSI – che collocano il nostro Paese al di sotto delle medie sia dell’Unione Europea, sia dell’area OCSE più nel complesso.

Laddove, soprattutto nelle campagne elettorali come quella in corso, i partiti e schieramenti politici in corsa e competizione fra di loro fanno riferimento alla situazione vigente negli Stati con bilanci più generosi nei confronti degli aiuti alle famiglie e alle imprese, le stesse forze politiche omettono di rimarcare che proprio in tali Paesi esistono livelli di “bancarizzazione” e di capacità di gestione autonoma e consapevole dei propri risparmi raggiunge percentuali fino al 70 per cento (si pensi al Belgio) tra i giovani non ancora maggiorenni.

Di educazione finanziaria si sente purtroppo parlare molto poco nel confronto in atto in vista del voto parlamentare anticipato del prossimo 25 settembre: tanto che solamente due soggetti politici – il terzo polo di Carlo Calenda e più Europa di Emma Bonino – hanno introdotto nei rispettivi programmi la previsione di percorsi educativi obbligatori in tale disciplina.

Eppure sono oramai convergenti gli esiti conclusivi dei principali centri studi pubblici e privati che evidenziano il rischio di una erosione dei risparmi delle famiglie e delle imprese italiane, fino a 100 miliardi all’anno di euro, per effetto delle dinamiche inflazionistiche e in assenza di strumenti incentivanti e fiduciari per la destinazione di una quota degli stessi al sostegno tracciabile alle imprese e ai progetti di investimento nei settori strategici del nostro Paese.

In pratica, una mancata educazione finanziaria rischia in due anni di alta inflazione di avere un costo sociale e collettivo pari a un Pnrr.

Chi si candida al Parlamento e al Governo nazionale ne è consapevole?

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI