E un progetto miliardario che rischia di trasformarsi in un boomerang. Sono queste le basi su cui poggia l’esposto presentato alla Corte dei Conti dall’ex sindaca di Roma, Virginia Raggi – oggi consigliera capitolina del M5S – firmato insieme alla consigliera municipale Carla Canale, all’eurodeputato Dario Tamburrano e al deputato Marco Bella. Il documento denuncia la presunta insostenibilità economico-finanziaria e ambientale dell’inceneritore di Roma (previsto in zona Santa Palomba, estrema periferia sud della città). Un progetto approvato grazie ai poteri conferiti dal governo Draghi al sindaco Roberto Gualtieri in qualità di Commissario per il Giubileo 2025.
Il contratto di concessione, firmato lo scorso maggio tra Roma Capitale e la privata Renew Rome Srl, ha un valore di 7 miliardi e 73 milioni di euro su 33 anni di gestione. Renew è una società di progetto composta da Acea Ambiente, Suez, Vianini, Kanadevia Inova, e Rmb, le prime tre partecipate anche dal gruppo Caltagirone.
L’investimento pubblico iniziale supera il miliardo, con un contributo diretto di 40 milioni di euro da parte del Comune per la costruzione degli impianti ancillari. Secondo i ricorrenti, però, le clausole contrattuali sono “fortemente sbilanciate” a favore del concessionario: Roma Capitale e Ama dovranno infatti garantire il conferimento dei rifiuti, coprire eventuali oneri aggiuntivi e riconoscere indennizzi in caso di risoluzione anticipata. Di fatto, per i firmatari, tutti i rischi restano sulle spalle pubbliche, mentre i profitti sarebbero assicurati ai privati.
L’esposto punta il dito poi contro la promessa di abbattimento delle emissioni grazie al sistema di Carbon Capture and Storage (Ccs). Nelle presentazioni pubbliche era stato indicato un taglio superiore al 90% della Co2 prodotta. Ma dall’analisi effettuata dal team di Raggi sui documenti di gara emerge che l’impianto catturerà al massimo 400 tonnellate annue a fronte delle circa 600 mila emesse dall’incenerimento dei rifiuti.
Un’inezia, pari allo 0,066% delle emissioni totali. Non solo: nell’esposto si ricorda che dal 2026 gli inceneritori urbani entreranno a pieno titolo nel sistema europeo di scambio delle emissioni (Ets). Significa che per ogni tonnellata di Co2 fossile emessa, se penalizzata Roma dovrà pagare circa 120 euro. Applicando la regola alle stime minime di emissioni (400 mila tonnellate l’anno), la sanzione ammonterebbe a 48 milioni di euro l’anno, per un totale di 1,44 miliardi in 30 anni. E il prezzo di conferimento per Ama, ricordano Raggi&C., fissato a 178 euro a tonnellata nel bando, è già salito a oltre 200 euro a causa della rivalutazione automatica degli indici Istat.
Al danno economico si sommerebbe poi l’impatto ambientale. Nonostante le promesse iniziali di trasporto su ferrovia, infatti, il progetto approvato prevede che i rifiuti arrivino nella periferia di Santa Palomba (ai confini del comune di Pomezia) solo su gomma: circa 140 camion al giorno lungo via Ardeatina e via Laurentina, consolari già congestionate e fragili, con il rischio di aggravare traffico, inquinamento e incidenti. Anche il trasporto della Co2 liquefatta verso Ravenna, dove dovrebbe essere stoccata in giacimenti offshore di Eni, richiederà ulteriori camion.
(di Vincenzo Bisbiglia – ilfattoquotidiano.it)


