Nel 2022 la spesa complessiva per il mantenimento della struttura statale ha raggiunto i 115,2 miliardi euro, una soglia mai toccata prima
Un importo record, quest’ultimo, più del doppio dei 51,5 miliardi che la Pubblica amministrazione ha speso l’anno scorso per gli investimenti che servono a realizzare o implementare i servizi (impianti e macchinari nell’istruzione, sanità, trasporti, etc.), costruzioni e opere di pubblica utilità (ospedali, scuole, asili, infrastrutture viarie) e ad acquisire prodotti di proprietà intellettuale (ricerca e sviluppo, software, etc.).
A calcolarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che sottolinea come, a spingere all’insù i costi di mantenimento, in particolar modo negli ultimi anni, ci ha pensato il Covid e, recentemente, anche il caro bollette.
Con l’avvento della pandemia, ad esempio, tra il 2020 e il 2021 la spesa sanitaria è salita di 4 miliardi di euro, mentre le altre principali voci in uscita non hanno subito variazioni significative. Ma a fronte di questi aumenti l’offerta di servizi pubblici nel settore sanitario non sono certo migliorati per i cittadini. «Per anni abbiamo sentito – sottolinea la Cgia – parlare ossessivamente di spending review, ovvero del contenimento della spesa necessaria per il funzionamento della nostra Pubblica Amministrazione, tuttavia i risultati conseguiti sono stati deludenti.
Se dal 1995 i consumi intermedi sono in costante crescita, negli ultimi 10 anni hanno subito un’impennata addirittura del 27 per cento (in valore assoluto pari a +24,3 miliardi di euro), mentre l’inflazione, sempre in questo stesso periodo, è salita “solo” del 14 per cento. Insomma, non riusciamo a spendere completamente i fondi di coesione europea o quelli previsti dal Pnrr, ma per mantenere “in moto” la macchina pubblica sborsiamo sempre di più».


