Essere invidiosi di Bocchino

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Prima di cominciare a scrivere il post, per rispondere già a quanti mi scriveranno che sono invidioso (non mancano mai), ammetto che il post è stato causato da invidia. E sono tante le cose che possono essere invidiate a Italo Bocchino.

Essere definito “vergogna dell’umanità” da una autorevole giornalista come Rula Jebreal, non è forse degno d’invidia? Chi non avrebbe voluto essere al suo posto, sere fa, per sentirsi definire propagandista, bugiardo e lobbista di merda? Essere accusato di essere ubriaco o pazzo? Oppure essere massacrato da Travaglio in un’altra occasione che resterà negli annali della televisione? Ma cose per le quali essere invidiosi di Bocchino ce ne sono tante

La bellissima rotondità degli occhi, per esempio, che gli dona uno sguardo fisso e penetrante. Un poco inquietante per la verità, una cosa in mezzo fra Freddy Krueger e la Bambola assassina. Però autorevolissimo. Ovviamente è importante non farlo vedere ai bambini, qualora non si volessero avere traumi indesiderati. Poi il colore dei capelli. Scelto con cura (c’è sicuramente del lavoro dietro. Forse un armocromista?) e che lo fa sembrare un fichetto di una sessantina d’anni con i capelli tinti. Meraviglioso.

E poi ci sono i dati. Su quello, l’autodefinitosi “giornalista militante”, qualunque cosa volesse dire, dà il meglio di sé. Fra fake e dati decontestualizzati, occhi fissi rotondi e vis esplosiva, riempie lo schermo di minacciose perifrasi. Sui dati diventa una primadonna capace di scatenare guerre cruente. Ovviamente le sue fake vinceranno sempre perché i dati, quelli veri, elencati dagli altri, diventano automaticamente falsi.

E non perché lo siano, semplicemente perché lo dice lui. Adorabile. E come non invidiare la sua onnipresenza televisiva. Chissà quanto guadagna. Un vero e proprio Stakanov. Salta da uno studio all’altro come non avesse un domani. Dalle prime ore del pomeriggio a notte inoltrata. Ripetendo sempre le stesse cazzate, che diventano un mantra infinito.

Ha una straordinaria abilità nello sparare minchiate. E un’altra, non meno straordinaria, nel difenderle. Uno si chiede, quando lo vede: ma è veramente convinto delle minchiate che dice? E si sa, una cosa che le minchiate le racconti uno con gli occhi normali e i capelli indenni da coloranti. Altra cosa che le proclami un “giornalista militante” con gli occhi inquietanti e i capelli fotogenici. Il risultato è garantito, credeteci. Ebbene sì: lo invidio.

Giancarlo Selmi