Bruxelles. Nel pieno della guerra in Ucraina e di un equilibrio internazionale sempre più instabile, l’Unione Europea si trova a fare i conti con una realtà scomoda: la difficoltà di incidere realmente sulle grandi decisioni geopolitiche
Il recente vertice europeo lo ha mostrato con chiarezza, alimentando una narrazione semplicistica secondo cui l’Europa avrebbe abbandonato Kiev. Una lettura che non coglie il punto centrale della crisi.
Un asse che si muove fuori dall’Europa
Negli ultimi mesi si è intensificato il dialogo tra Stati Uniti e Federazione Russa. Non si tratta, almeno per ora, di un processo di pace strutturato e multilaterale, ma di contatti bilaterali orientati a ridurre le tensioni dirette tra le due potenze.
Un approccio che, se da un lato mira alla stabilità, dall’altro rischia di ridurre il ruolo dell’Europa a spettatore, più che a protagonista.
È in questo contesto che molti osservatori europei faticano a riconoscere una strategia condivisa capace di difendere gli interessi del continente senza rinunciare ai principi del diritto internazionale.
Le parole che pesano
A rendere ancora più evidente la tensione sono arrivate le recenti dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin, che ha usato espressioni offensive nei confronti dei leader europei.
Al di là del linguaggio, il segnale politico è netto: Mosca percepisce un’Unione divisa, lenta nel decidere, fragile sul piano politico.
La retorica non è un dettaglio. In diplomazia, il linguaggio anticipa spesso le mosse strategiche. E oggi l’Europa appare esposta anche sul piano simbolico.
I nodi strutturali dell’Unione
Le difficoltà europee non nascono con la guerra in Ucraina. L’Unione Europea è stata costruita come progetto economico e commerciale, capace di garantire integrazione e stabilità in tempo di pace. La politica estera e di difesa restano invece ambiti dominati dal principio dell’unanimità, che rallenta ogni decisione.
In uno scenario di conflitto, questo assetto mostra i suoi limiti. Non per mancanza di valori, ma per insufficienza di strumenti politici comuni.
Ucraina, banco di prova politico
Il sostegno all’Ucraina non è venuto meno. Le discussioni sull’utilizzo degli asset russi congelati, così come le cautele giuridiche espresse da diversi Stati membri, indicano la complessità delle scelte in gioco, non un disimpegno.
Tuttavia, la guerra ha trasformato l’Ucraina in un banco di prova decisivo: misura la capacità dell’Europa di agire come soggetto politico unitario, in un contesto dominato da logiche di potenza.
Una scelta che non può più essere rinviata
L’Europa non è priva di risorse, né di credibilità. Ma senza un rafforzamento della propria capacità decisionale rischia di restare ai margini delle grandi scelte che definiranno il nuovo ordine internazionale.
In un mondo sempre più instabile, la diplomazia resta uno strumento essenziale. Ma la diplomazia, per essere efficace, ha bisogno di unità, chiarezza e visione strategica.
L’accordo della notte: unità ritrovata, ma con limiti
Nella serata di ieri, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo: 90 miliardi di euro in prestiti a favore dell’Ucraina, escludendo l’utilizzo diretto degli asset russi congelati. Una soluzione di compromesso che ha permesso di superare le divisioni emerse durante il vertice e di riaffermare, almeno formalmente, l’unità europea sul sostegno a Kiev.
La presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni ha parlato di «prevalere del buonsenso», sottolineando come l’intesa tenga insieme solidarietà verso l’Ucraina e cautela giuridica. Una lettura che evidenzia l’approccio pragmatico adottato da diversi Stati membri, preoccupati delle conseguenze legali e politiche legate all’uso dei beni russi congelati.
Un segnale politico, non una svolta strutturale
L’accordo rappresenta senza dubbio un segnale politico importante: l’Europa non si sfila e continua a sostenere l’Ucraina in una fase critica del conflitto. Allo stesso tempo, la scelta di ricorrere a prestiti e non a strumenti più incisivi conferma i limiti strutturali dell’Unione, ancora vincolata a soluzioni di equilibrio più che a decisioni strategiche di lungo periodo.
La sfida, dunque, non riguarda solo l’Ucraina. Riguarda il futuro ruolo dell’Europa in un sistema internazionale sempre più dominato da rapporti di forza: attore capace di iniziativa politica o spazio geopolitico chiamato a reagire, più che a guidare.
Cav. Giuseppe PRETE pres.EUROPEAN CHANCELLOR WOA

