EXTRA PROFITTI, IL GOVERNO PROVA A RASSICURARE LE BANCHE: CI SARÀ UN TETTO MASSIMO AL PRELIEVO. MA L’ALLARME RESTA

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La premier Meloni e il ministro Giorgetti adottano due diversi registri comunicativi, la prima più indirizzata al proprio elettorato, il secondo rivolto soprattutto alla platea dei banchieri

I quali al momento tacciono ufficialmente, sebbene i vertici dell’Associazione bancaria italiana (ABI) potrebbero da un momento all’altro riunire l’ufficio di presidenza su convocazione del loro vertice Antonio Patuelli.

Nel frattempo, dopo la prima convulsa giornata borsistica – seguita all’annuncio della tassazione straordinaria da parte del vicepremier Matteo Salvini (leader e collega di partito di Giorgetti in quota Lega) – nella quale i titoli azionari degli istituti di credito hanno subito un immediato decremento di nove miliardi di euro, nel corso della giornata successiva le quotazioni sono tornate a risalire, recependo in positivo le puntualizzazioni di palazzo Chigi e soprattutto del dicastero del MEF.

Se è vero, infatti, che il provvedimento – di cui si attende la firma del Presidente Mattarella e la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale – stabilirebbe un prelievo del 40 per cento sui maggiori margini di interesse, quindi sul differenziale tra tassi attivi e tassi passivi per le banche accresciuto per effetto delle decisioni della BCE, d’altra parte e in termini assoluti il prelievo erariale, limitato a un solo esercizio finanziario, non supererà in ogni caso lo 0,1 per cento degli attivi iscritti negli stati patrimoniali.

A ribadirlo è stato lo stesso Giorgetti, con l’obiettivo di fornire un messaggio ottimistico ai detentori di azioni e a quanti, sulle piazze delle quotazioni, temono una svalutazione verticale dei titoli che formano il capitale sociale degli istituti.

Tutto bene, quindi? Non proprio, dati i precedenti della non felice applicazione del decreto Draghi che cercò di introdurre una imposizione eccezionale, e temporanea, sugli utili eccedenti delle società energetiche contro i rincari delle bollette.

Dal momento che gli enti bancari sono i principali custodi dei risparmi diffusi delle famiglie italiane, intese come famiglie sia consumatrici che produttrici, un prelievo di quel tipo potrebbe confliggere con la tutela di quanto accantonato dai cittadini su depositi e conti correnti, nel caso dovessero sopraggiungere a titolo compensativo rincari nelle commissioni o nei costi fissi alla clientela.

Senza considerare l’eventualità di controindicazioni sul lato degli impieghi, con un ulteriore calo degli affidamenti e dei prestiti concedibili, per bilanciare la stimata riduzione degli utili destinata a riflettersi sulla patrimonializzazione degli istituti medesimi.

Quest’ultimo aspetto apre un ulteriore capitolo che riguarda l’azionariato istituzionale delle banche, caratterizzato da soggetti giuridici rilevanti che sono le Fondazioni di origine bancaria, introdotte dalla legge Amato e regolamentate dalle successive leggi Ciampi e Tremonti: le Fondazioni si caratterizzano per svolgere un ruolo sia industriale, come azioniste delle banche partecipate, sia di erogazione monetaria sui rispettivi territori di competenza, impiegando i dividendi derivanti dagli utili netti di queste ultime.

Dividendi che in parte confluiscono in un fondo di stabilizzazione delle erogazioni, da utilizzare nei momenti di minore redditività degli istituti creditizi, e in altra parte si riversano nel contesto geografico in forma di contributo e sostegno a enti locali e associazioni per interventi su sanità, cultura, scuola, ricerca, opere di interesse pubblico e sociale.

Chiaramente, una contrazione degli utili ovvero una svalutazione patrimoniale potrebbe riflettersi negativamente sui conti economici delle fondazioni e quindi sulla loro capacità erogativa, scenario al centro delle attuali valutazioni, e preoccupazioni, del Presidente di Acri, e della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo.

La sensazione di fondo è che sia stato commesso un errore analogo a quello che portò il secondo Governo Conte, durante l’emergenza pandemica, a deliberare un piano straordinario di aiuti facendone ricadere l’onere e la responsabilità sulle banche, nella convinzione (o presunzione) che sarebbe bastato agire sul capitolo delle garanzie pubbliche, e non anche su quello delle regole nazionali ed europee che disciplinano il merito creditizio e la capacità delle banche di disporre affidamenti in funzione dei propri livelli patrimoniali, per fornire liquidità indistinta a famiglie e imprese.

Per questo, adesso, occorrerà attendere la pubblicazione del decreto in Gazzetta ufficiale per valutarne e quantificarne ogni aspetto e ogni diretta e indiretta conseguenza. Perché, mentre da un lato gli utili nei grandi gruppi bancari sistemici sono il portato di un conto economico dai ricavi e dai proventi molto diversificati, che vanno oltre lo stesso riduttivo concetto di margine di interesse e di intermediazione, altro discorso potrebbe riguardare gli istituti di più piccole dimensioni, che fondano la propria redditività viceversa in netta prevalenza proprio sul margine di interesse.

Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI