Il dato uscito in settimana sull’inflazione Usa di agosto ha di fatto azzerato ogni speranza su un rallentamento nella stretta monetaria della Fed. Il passo tenuto dai prezzi al consumo è calato all’8.3% annuo dall’8.5% di luglio, ma è risultato nettamente superiore all’8.0% delle attese
L’inflazione core è invece aumentata al 6.3% annuo dal 5.9% dei due mesi precedenti. Passando subito alle conseguenze pratiche sui mercati, adesso ci sono addirittura il 30% circa di possibilità che l’incremento dei tassi Usa nel meeting del Fomc del 20-21 settembre sia di 100 punti base e non di 75 punti come quelli degli ultimi due incontri. Chi sperava in una mossa da 50 bp o in un avvicinamento nel tempo del punto di inversione (pivot) della politica Fed è rimasto assai deluso.
L’elemento che forse ha preoccupato maggiormente è rappresentato dal movimento dei prezzi core, ovvero depurati dalle componenti più volatili quali cibo ed energia, che hanno visto estendersi le pressioni inflazionistiche a una ampia gamma di servizi e prodotti, che va dalla ristorazione agli affitti e alle auto nuove. La speranza legata alla flessione della benzina, che ha impattato al ribasso per mezzo punto nel dato del mese, è stata vanificata dal resto dei rincari e questo ha levato, insieme alla solidità mostrata dal mercato del lavoro, ogni indugio ai membri Fed sulle prossime mosse (75 bp attesi come detto).
La campagna di contrasto dell’inflazione condotta dalla Fed potrebbe quindi rivelarsi più lunga del previsto, proprio in virtù delle pressioni che arrivano dalla componente dei servizi che hanno prezzi più “vischiosi” e difficili da riportare sotto controllo. Gli affitti, ad esempio che costituiscono un terzo dell’indice headline e il 40% del core, sono balzati dello 0.7% nel mese, portando al 6.2% l’incremento annuale (record dal 1983). Il caro mutuo (rata sempre più alta in scia al rialzo dei tassi) rende l’affitto ancora relativamente competitivo rispetto all’acquisto della casa, cosa che alimenta la voce e crea i presupposti per una sua prosecuzione nei mesi a venire.
I servizi sanitari sono a loro volta aumentati nell’ultimo mese dello 0.8% come le nuove auto.
Tuttavia, il quadro, come già dicevamo nelle scorse settimane, non è cambiato di molto. La Fed aveva già il piede sull’acceleratore e il mercato prezzava parecchio tightening e non è quindi necessario esagerare con le attese. Il vero problema è che il mercato vi è arrivato nella convinzione di un deciso rallentamento dell’inflazione e che quindi un dato basso avrebbe dato modo alla Fed di allentare la presa. Invece il ribasso che ne è seguito è quello tipico di un mercato ribassista, il cui approdo finale resta da scoprire.



