FIGLI DEL SESSANTOTTO

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C’è una generazione che davvero si è presa tutto, consumando gli anni e la vita fino al midollo.

È la mia, quella che ha scavalcato o sta scavalcando i sessant’anni, nata quando Modugno allargava le braccia e cantava Volare, sull’onda del miracolo italiano. Ci hanno chiamato figli del boom, l’ultima grande infornata di nascite record, battezzati dal miracolo italiano. Abbiamo avuto il sogno, l’adrenalina, l’avventura, la rivolta, l’immaginazione, la lotta. Certo, alcuni di noi hanno pagato un prezzo di sangue e di piombo, altri sono finiti con una siringa nel braccio, ma abbiamo viaggiato ad un’altra velocità.

Quelli che sono venuti dopo non sono mai stati giovani come lo siamo stati noi. Ci siamo presi il monopolio della gioventù, con la pretesa di non invecchiare mai, di rappresentare per sempre quell’ideale. Come Dorian Gray, fino a marcire dentro. Ci siamo beccati la musica migliore, l’età d’oro del rock, leggendaria e irripetibile.

Quella che ancora oggi scuote l’anima e le viscere, quella che per gli altri è solo una nostalgia mai vissuta da raccattare in qualche film o serie tv. Noi invece eravamo lì, vivi, in diretta, con lo sguardo perso sulle mani di Jimi Hendrix, senza sapere che nessun altro avrebbe fatto vibrare una chitarra come lui, al di là del bene e del male. Abbiamo visto nascere le radio libere e ci siamo tuffati nei corpi della rivoluzione sessuale. Il sesso che sa ancora di peccato, ma non è più tabù.

Fernando Felli