Finalmente il riciclo della plastica comincia in mare

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Ogni giorno 731 tonnellate di plastica entrano nel Mar Mediterraneo, trasformandosi in microplastiche che rappresentano una piaga per l’ecosistema marino e un pericolo per la nostra salute

Le microplastiche sono state trovate nel nostro sangue, nella placenta umana, nel latte materno, nell’aria che respiriamo e nel cibo che mangiamo.

Quattro anni di lavoro in parlamento, ma dall’11 maggio scorso chi recupera rifiuti di plastica in mare finalmente, potrà fare la cosa più logica, cioè portare i rifiuti in porto per farli smaltire e riciclare come rifiuti assimilabili agli urbani e non sarà più costretto a ributtarli in acqua, per non essere denunciato penalmente addirittura per traffico di illecito di rifiuti.

La legge Salvamare, presentata in parlamento nel 2018 dall’allora Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, sana finalmente questa situazione: chi recupera plastica in mare (ma anche nei laghi e nei fiumi), in particolare i pescatori, può portarla in porto. Qui le autorità portuali sono tenute a predisporre isole ecologiche per ricevere i rifiuti e avviarli al riciclo. L’operazione è gratuita per il pescatore che la effettua.

I costi di gestione di questo tipo di rifiuti sono coperti con una specifica componente che si aggiunge alla tassa o tariffa sui rifiuti. Questa scelta di fatto distribuisce sull’intera collettività nazionale gli oneri della raccolta. Il provvedimento prevede, inoltre, l’installazione di sistemi di raccolta alla foce dei fiumi per intercettare i rifiuti prima che arrivino in mare. Entro 4 mesi dall’entrata in vigore delle legge sarà emanato un decreto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro della transizione ecologica, allo scopo di individuare misure premiali nei confronti dei comandanti dei pescherecci soggetti al rispetto degli obblighi di conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati.

Nella Salvamare c’è un aspetto importantissimo che è l’educazione ambientale, perché se non c’è la conoscenza non possiamo fare la transizione ecologica. Ma non si parla solo di di transizione, piuttosto di “conversione ecologica” – ha ribadito Sergio Costa: “Transizione vuol dire andare dal punto A al punto B; conversione è un cambiamento radicale del nostro stile di vita ed è proprio questo che occorre. La legge Salvamare è una legge di conversione ecologica che è stata votata all’unanimità perché l’esigenza di questa legge rispecchiava le necessità di un Paese intero. Ingeriamo 5 grammi di nanoplastiche al giorno! La Salvamare è una legge di tutti e per tutti.”

Di conseguenza è importante che la legge renda possibili campagne di sensibilizzazione, di informazione, di partecipazione organizzate da cittadini volenterosi con l’aiuto dello Stato. Tra le altre misure previste, inoltre, c’è la promozione nelle scuole di ogni ordine e grado di attività finalizzate a mettere in evidenza l’importanza della conservazione dell’ambiente e, in particolare, del mare e delle acque interne, nonché sul corretto conferimento dei rifiuti. L’Educazione Ambientale entra dunque prepotentemente in tutte le scuole italiane. Prima era possibile, ma non obbligatorio. Da adesso si. Inoltre, tutte le scuole dovranno fare raccolta differenziata, con l’aiuto degli studenti.

Il riciclo delle plastiche si può fare direttamente in mare

A proposito del recupero e del riciclo delle plastiche disperse in mare c’è un esempio di convergenza interessante che viene dalla ricerca: il progetto CLAIM (Cleaning Marine Litter by Developing and Applying Innovative Methods), finanziato da Horizon 2020, è dedicato allo sviluppo di sistemi innovativi per ripulire il mare dai rifiuti plastici.

I ricercatori italiani del CNR-IAS (1) hanno concluso nel settembre del 2020, presso la Stazione Marina Sperimentale del CNR che si trova nel Porto di Genova, i test di validazione di una tecnologia innovativa per la conversione termochimica delle plastiche disperse in mare. Obiettivo: recuperare i rifiuti plastici e le microplastiche presenti in mare per produrre combustibile o energia.

Il processo si basa su un reattore molto compatto, che può trovar posto su un’imbarcazione anche di stazza contenuta, come i pescherecci, o le barche da diporto. Subito dopo che un efficace sistema di prefiltraggio smista e raccoglie i rifiuti, un dispositivo fotocatalitico degrada le microplastiche negli impianti di trattamento delle acque reflue.

Con una capacità di trattamento giornaliera pari a 100 chilogrammi, l’unità è in grado di produrre da rifiuti plastici misti un syngas ricco di idrogeno (>40%) facilmente convertibile in energia elettrica. Un innovativo sistema Clean Trash a braccio galleggiante raccoglie e monitora le macroplastiche negli estuari dei fiumi.

La tecnologia può anche essere utilizzata a terra per il trattamento di rifiuti non riciclabili, per il recupero di energia da scarti di lavorazione e di materie prime ed energia da matrici di rifiuto multimateriale.