Uno strumento che doveva servire a indennizzare i risparmiatori truffati dalle banche. E che al momento, però, è rimasto trasparente come il vetro, nonostante le spese già effettuate (nell’ordine dei milioni di euro) per mettere in moto il meccanismo. Ne avevamo già parlato, con notevole rammarico, sulle pagine del Paragone in passato. Ma l’impasse non si è ancora sbloccato, al punto da spingere il senatore Paragone a chiedere numi al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il tutto per evitare che ancora una volta una novità salutata calorosamente da chi ancora aspetta giustizia possa rimanere intrappolata tra le maglie della burocrazia.
Nelle modalità di accesso al Fondo stabilite con decreto del 10 maggio 2019 era infatti stabilito che la Commissione tecnica avrebbe acquisito da “Banche, dal FITD e dal FGD.BCC nonché dagli enti pubblici rispettivamente interessati i dati, le informazioni e i documenti inerenti alla richiesta da parte degli istanti”. Un passaggio modificato due mesi dopo con la previsione di una stretta correlazione fra controlli ex post e documentazione da acquisire, necessaria a riscontrare quanto dichiarato nella domanda. Con l’Agenzia delle Entrate chiamata a confermare alla stessa Commissione tecnica il rispetto dei requisiti per l’accesso agli indennizzi. Novità alle quali aveva fatto seguito la dichiarazione del sottosegretario di Stato Villarosa che si diceva sicuro della celerità con cui la procedura di riscontro dei dati sarebbe stata effettuata, “senza lungaggini burocratiche”, per consentire finalmente ai risparmiatori truffati di avere accesso agli agognati indennizzi.
Una rapidità che, però, è rimasta su carta. Le “modalità concordate” fra Commissione tecnica e Agenzia delle Entrate non sono ancora state raggiunte sul fronte delle tempistiche e dei contenuti delle verifiche, con il termine per la presentazione delle domande al momento fissato al 18 giugno 2020 che potrebbe non essere allungato. Un problema non da poco per chi, in attesa di risarcimento, rischia di subire la classica beffa successiva al danno. E così Paragone ha chiesto numi al Tesoro, riportando il Fir sotto i riflettori.

