Gasdotti, grosso guaio: preso l’agente ucraino

0
5

Un commando ucraino, fedele alle posizioni di Kiev, voleva “impedire definitivamente le forniture di gas” dalla Russia alla Germania. Per questo la notte tra il 25 e il 26 settembre 2022 ha fatto esplodere i gasdotti Nord Stream 1 e 2, nel Mar Baltico, un’infrastruttura che nel 2021 aveva trasportato “circa la metà del fabbisogno annuo di gas naturale” della federazione tedesca (e NS2 non era ancora in funzione).

Secondo le autorità di Berlino, il compito di “coordinare l’intera operazione” di sabotaggio e “guidare l’equipaggio” – composto da altre 6 persone – è stato di Serhii Kuznietsov. L’uomo, 49 anni (è nato il 2 gennaio 1976, probabilmente a Kiev) è stato arrestato alle 23.50 di mercoledì 20 agosto in un bungalow del villaggio vacanze “La Pescaccia” di Sant’Andrea in Casale, nel Riminese, dove alloggiava dal giorno prima – il check-out era previsto per oggi – insieme a quelli che dai documenti forniti risultavano essere la moglie e due figli (un maschio e una femmina). L’arresto, su mandato internazionale emesso dalla Corte federale tedesca per il reato di “sabotaggio anticostituzionale” è stato eseguito dai carabinieri della stazione di Misano Adriatico, guidati dal comandante Roberto Santone, e da quelli del Nucleo operativo di Rimini, agli ordini del tenente colonnello Claudio Scarponi. L’uomo, che rischia fino a 15 anni di carcere, non ha opposto resistenza e oggi, assistito dall’avvocata Ilaria Perruzza, sarà all’udienza di convalida davanti alla Corte d’Appello di Bologna, in attesa dell’avvio dell’iter di estradizione.

La Germania è da tempo sulle tracce del commando. Nelle 7 pagine del mandato d’arresto vi è la ricostruzione degli investigatori tedeschi. Kuznietsov e i suoi sarebbero saliti a bordo dello yacht a vela “Andromeda” l’8 settembre 2022, nel porto di Wiek, sull’isola di Rügen, nord della Germania, “sulla base – si legge – di un piano d’azione precedentemente concordato”. Ognuno dei partecipanti aveva un compito. Kuznietsov, secondo le accuse, “posizionò almeno quattro ordigni esplosivi”, ciascuno tra i 14 e i 27 kg, composti da esogeno (Rdx) e ottogene (Hmx) con micce a tempo, a nord-est e a sud-est dell’isola di Bomholm, a una profondità di 70-80 metri sul fondale dei gasdotti. Il 49enne, si legge negli atti, aveva il compito di “coordinare l’intera operazione e guidare l’equipaggio”, composto dal “comandante dello yacht, quattro sommozzatori e un responsabile degli esplosivi”. I presunti autori del sabotaggio, sempre secondo quanto ricostruito dai tedeschi, “sono poi tornati a Wiek il 22 settembre 2022”, dove Kuznietsov “è stato riportato in Ucraina da un autista”. Come noto, il 26 settembre gli ordigni effettivamente esplodono, danneggiando gravemente i due gasdotti, entrambi rimasti da allora inutilizzati.

Se la tesi investigativa tedesca dovesse essere confermata, sarebbe un tassello importante nella rilettura dei primi mesi del conflitto russo-ucraino. Nei giorni successivi, infatti, fu ipotizzato che dietro l’attentato potesse esserci la Russia. Ma così non sembra essere. Il governo ucraino da tempo nega ogni coinvolgimento, nonostante indizi che collegavano l’operazione ai vertici dell’esercito e dei servizi di Kiev. Alcuni siti vicini alla propaganda di Mosca, diffusi su canali Telegram filo russi, affermano che Kuznietsov sarebbe un capitano in pensione delle Forze armate ucraine e un agente dei Servizi di sicurezza dell’Ucraina (Sbu), ma sul punto non vi sono conferme.

Già a fine di maggio 2024, Berlino aveva emesso un mandato di cattura nei confronti di Volodymyr Sch., altro presunto sabotatore (e complice di Kuznietsov) avvistato nella zona ovest della Capitale tedesca: tornato vicino Varsavia, dove abitava, la polizia polacca però non riuscì ad arrestare l’uomo, che riparò in patria, creando un serio incidente diplomatico tra Germania e Polonia.

C’è da capire ora se Kuznietsov deciderà di collaborare. In Ucraina, infatti, al di là dei dubbi sul ruolo di Kiev, potrebbe essere visto come un eroe. Intanto la Procura di Genova ha chiesto alla Digos di acquisire gli atti per verificare possibili collegamenti con l’attentato di febbraio a Savona, dove la petroliera “Seajewel”, di bandiera maltese, venne danneggiata da due ordigni.