Genocidio: istruzioni per l’uso

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Genocidio. Non lo puoi dire, ma puoi farlo. Anzi, puoi guardarlo in diretta, con i numeri che scorrono come il punteggio di una partita. L’unica differenza è che qui il risultato è sempre lo stesso: migliaia di civili uccisi, quartieri rasi al suolo, bambini sotterrati vivi.

Il gioco è noto: cambiare le parole per salvare la faccia. Invece di “sterminio”, si dice “operazione di sicurezza”. Invece di “strage di civili”, si dice “danni collaterali”. Invece di “assedio”, “blocco difensivo”. Così, i governi che predicano diritti umani possono continuare a vendere armi e pezzi di ricambio ai bombardieri.

I fatti? Basta guardarli. Dal 7 ottobre 2023, le Nazioni Unite contano oltre 80 mila morti e feriti civili a Gaza. Di questi, secondo l’UNICEF, più di un terzo sono bambini. Nella sola primavera 2024, le forniture di bombe a guida di precisione dagli USA a Israele sono aumentate del 40%. Mentre il Congresso discuteva di “moderazione” e il Pentagono inviava nuovi lotti di GBU-39, perfette per penetrare edifici e seppellire chi ci sta dentro.

E l’Europa? Bravissima nelle condoglianze postume. Dal Consiglio europeo del dicembre 2023 fino all’estate 2025, le riunioni si sono concluse con dichiarazioni-fotocopia: “cessate il fuoco immediato”, “diritto alla sicurezza di Israele”, “protezione dei civili palestinesi”. Nessun embargo sulle armi. Nessuna sanzione. Zero. Nel frattempo, Germania, Italia e Francia hanno continuato a esportare sistemi elettronici, droni e componenti bellici.

Poi c’è la copertura mediatica. All’inizio, fiumi di reportage. Dopo, solo “brevi” relegati a pagina 18. Con i grandi quotidiani a misurare le parole come se scrivere “genocidio” fosse reato. Quando l’Aia ha aperto un’inchiesta nel maggio 2024 per “possibili crimini di guerra e contro l’umanità”, i titoli erano già passati a “scontro armato” e “stallo negoziale”.

E così, la catena è completa: politici che autorizzano, governi che riforniscono, media che edulcorano, cittadini che voltano pagina. E in mezzo, un popolo ridotto alla fame e alle macerie.

Un giorno, i nostri figli e nipoti studieranno questa storia. Leggeranno dei bambini uccisi perché nati nel posto sbagliato. E chiederanno: “Ma voi, dov’eravate?”. E noi, se saremo onesti, dovremo dire: “C’eravamo. E discutevamo se la parola genocidio fosse appropriata”.

Giuseppe Gagliano