Secondo l’ex premier Paolo Gentiloni, intervistato da La Stampa, il bilancio del vertice di Anchorage può essere visto in due modi. “A essere ottimisti, un nulla di fatto. A essere pessimisti, un’umiliazione simbolica per l’Occidente.
E nella politica internazionale, i simboli contano molto”. Quanto a Trump, “l’8 agosto aveva dato un ultimatum a Putin: cessate il fuoco o sanzioni pesanti. Sono passati dieci giorni e sono sparite dal tavolo le parole ‘cessate il fuoco’ e ‘sanzioni’”. A chi gli chiede cosa c’è da aspettarsi dall’incontro di domani alla Casa Bianca con Zelensky, Gentiloni risponde: “Trump ha già detto: ora tocca a Zelensky. E ha parlato di scambi di territori. Ma il rischio è che, se segue la linea Putin, chieda al presidente ucraino non uno scambio, ma una cessione di territori”.
“L’Europa rivendica giustamente un ruolo, e lo fa su una base molto concreta: le minacce alla sicurezza riguardano noi, non gli Stati Uniti – continua – Che l’Europa sia o meno presente al tavolo, sarà inevitabilmente protagonista delle garanzie per l’Ucraina. La campana suonerà eccome per noi e bisognerà fare scelte difficili”.
Quanto alle garanzia che gli accordi non siano poi violati “il punto è: in che misura gli americani sono disponibili a partecipare a queste garanzie? – dice Gentiloni -. Perché a sentire quanto ha detto finora il vicepresidente J. D. Vance si direbbe in nessuna misura. Gli europei e la Nato devono spingere perché partecipi anche l’America, non solo sul piano della deterrenza nucleare, e l’Occidente non può ridursi a un giro di telefonate”.



