Nel come sempre pungente video editoriale, il banchiere scrittore e giornalista si sofferma sul capitolo delle tariffe doganale, ribadendo come il Presidente e leader conservatore della Casa Bianca, al proprio secondo mandato, stia dimostrando al mondo intero di poter agire a proprio piacimento, adottando provvedimenti fra loro opposti anche nell’arco di pochi giorni di distanza fra il primo e il secondo di essi
Alla fine è prevalsa la pausa di riflessione, che durerà 90 giorni, sul tema dei dazi, ossia delle imposizioni fiscali che vengono applicate alla dogana dello Stato importatore, in questo caso gli USA, sui prodotti e sulle merci in arrivo dal resto del mondo. Va ricordato che questa politica tariffaria ha rappresentato il cavallo di battaglia di Donald Trump per scalare la White House per il secondo mandato infine trionfalmente riconquistato contro i Democratici di Biden e Harris: l’obiettivo dichiarato era e rimane quello di sanare il deficit commerciale degli States, mettendo un giro di vite sull’eccesso delle importazioni e raccogliendo le risorse necessarie a favorire processi di reindustrializzazione interna nelle stesse categorie merceologiche dove gli USA evidenziano i maggiori livelli di dipendenza dall’esterno.
Purtuttavia, in considerazione degli avversi andamenti borsistici, dal cui corso positivo dipende la prosperità dei fondi pensionistici ai quali è ancorata la sicurezza previdenziale del ceto medio americano grande elettore di big Donald, il Presidente dell’amministrazione repubblicana americana ha decretato, proprio nei giorni appena trascorsi, di sospendere l’operatività dei maggiori dazi nei confronti dell’Europa e del resto del mondo al netto della Cina che dovrà fare fronte a tasse doganali elevate addirittura sopra il 120 per cento.
Le ragioni affondano nella circostanza che, su alcune componenti intermedie delle filiere industriali e su alcuni prodotti finali particolarmente graditi al grande pubblico statunitense, l’economia a stelle e strisce rimane, almeno nel breve termine, fortemente interconnessa con le altre principali economie reali del Pianeta, senza dimenticare che una quota del debito pubblico di Washington è detenuta dai grandi investitori esteri che potrebbero decidere di monetizzarla da un momento all’altro.
Trump ha quindi voluto dimostrare che, malgrado tutto, è lui che può assumere decisioni fra loro antitetiche con l’obiettivo di continuare a essere lui a distribuire le carte della partita, dissimulando situazioni di svantaggio e trasformandole in altrettanti punti di forza per negoziazioni favorevoli a Washington e alla bilancia commerciale americana nel segno di meno importazioni e più esportazioni di materie prime e di prodotti intermedi e finali.
In vista del summit che avrà luogo fra Giorgia Meloni e Donald Trump, la prospettiva è che la prima bacerà sì il secondo… ma sulle guance.



