Il nostro Ministro dell’economia e delle finanze, esponente della corrente per eccellenza moderata nella fu galassia padana, oggi nel ruolo di calmieratore delle richieste del partito della spesa pubblica trasversale a tutta la coalizione di governo, ha avuto il grande merito di lanciare con successo quell’operazione fiducia della quale in molti confidavano: ricondurre una quota crescente di debito pubblico “retail”, quello cioè sottoscritto dalle famiglie risparmiatrici, entro i confini nazionali e dentro i portafogli dei nostri concittadini
Un modo, riconosciuto da tutti, per ridurre la sovraesposizione del passivo dello Stato a eccessive fluttuazioni esterne. Sia chiaro che si sta pur sempre parlando, relativamente alle sottoscrizioni iniziate durante Draghi e proseguite appunto con il duo Meloni – Giorgetti, di numeri miliardari a due cifre molto dignitosi ma pur sempre minoritari nel contesto e mare magnum di uno stock miliardario a quattro cifre.
Però la tendenza è ciò che davvero rappresenta l’elemento differenziale, e dovrebbe indurre il Ministro Giorgetti a insistere su una revisione del patto di stabilità che consideri “debito pubblico”, ai fini del calcolo dei parametri di Maastricht destinati a tornare in vigore dal prossimo Capodanno, la sola quota detenuta da investitori retail, istituzionali e corporate esteri.
Ciò sarebbe altresì una modalità per valorizzare il ruolo degli istituti di credito i quali, pur avendo sottoscritto titoli obbligazionari pluriennali statali o garantiti dallo Stato in una fase storica di tassi a zero o negativi, hanno successivamente rinunciato a monetizzarli anche quando avrebbero potuto procedere a nuove e più redditizie sottoscrizioni fondate sui sopravvenuti maggiori rendimenti.
Viceversa, se il Ministro Giorgetti, a cui va senza dubbio una profonda stima istituzionale, dovesse limitarsi a un ruolo di presa d’atto del ritorno ai vetusti originari parametri di austerità, allora possiamo solamente concludere che avrebbe reso un servizio pessimo alla grande dimostrazione di fiducia venuta dai risparmiatori italiani: trasformando cioè quest’ultima nella condizione per agitare nuovi e in origine non previsti tagli alla spesa per servizi pubblici a loro dedicati. E quindi, in estrema sintesi, tradendola.
Una prospettiva, quella di una caduta (ulteriore e stratificata alle precedenti) della credibilità interna delle istituzioni politiche statali, a cui il ministro Giorgetti dovrebbe tenere di più che ai verdetti pur importanti – ma non in egual misura – delle agenzie di rating.
Dir politico Alessandro ZORGNIOTTI



