GIORGETTI PROMETTE PIÙ RIGORE: DEFICIT DI NUOVO SOTTO IL 3% NEL 2026

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Il Governo Meloni, con la proposta di Piano strutturale di bilancio per il medio termine, restringe ulteriormente i margini per una politica fiscale di ripresa, che sarebbe auspicabile e forse necessaria in un momento non contingente di stagnazione industriale

Si prevede una spesa netta aggregata, nel corso del periodo di aggiustamento dai 4 ai 7 anni prossimi, in crescita di appena l’uno e mezzo per cento medio annuo, quindi al di sotto della soglia di inflazione al 2 per cento che è la misura massima consentita dalla Banca centrale europea di Francoforte con le azioni rigoriste di Christine Lagarde. La conseguenza è che restano fuori dal calcolo di tale aggregato di spesa, le uscite di bilancio dovute al costo degli interessi passivi sul debito pubblico e quelle che la nuova Commissione Von Der Leyen dichiarerà limitatamente ammissibili per fare fronte a cicli economici negativi su base nazionale.

Ulteriore vincolo non valicabile: nel calcolo della spesa netta non potranno rientrare risorse di tipo straordinario come i fondi del PNRR o dell’Unione Europea, così come fonti di gettito “una tantum” come i proventi di condoni o di privatizzazioni che serviranno invece al fondo per l’ammortamento del debito pubblico. Questo con l’obiettivo di evitare che introiti di natura non ricorrente possano essere utilizzati per autorizzare spese viceversa ricorrenti che rimarrebbero senza copertura sul medio periodo (se con con aumenti fiscali o nei livelli di debito statale).

Il Ministro leghista Giancarlo Giorgetti, titolare del Dicastero del MEF, tiene a sottolineare che, per quanto applicativo della riforma del Patto di stabilità – di cui egli stesso è stato primo firmatario nei mesi passati -, il piano appena adottato si colloca in continuità con gli ultimi aggiornamenti a valere sulla precedente versione del fiscal compact e delle regole contabili della UE.

Il Piano definisce pure le linee strategiche relative alle riforme e agli investimenti che il Governo ritiene di realizzare nell’orizzonte di riferimento fino ai prossimi quattro e sette anni.

Nota dolente ma già ampiamente messa in conto: “In ogni caso, all’Italia si applicherà la procedura di deficit eccessivo prevista dal previgente patto di stabilità”.

Il Governo continuerà pertanto “a portare avanti una politica fiscale prudente e responsabile, proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3 per cento del rapporto deficit/PIL già nel 2026. Dopo il 2026, il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permetterà alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future”. In pratica, il timbro ufficiale apposto sulla svolta rigorista, sebbene magari più diluita da qui al 2024 e più austera in seguito, magari in prossimità della probabile vittoria del Campo largo e dell’arrivo di Elly Schlein alla premiership.

Il Piano include comunque “riforme e investimenti che proseguono il percorso intrapreso con il PNRR e lo aggiornano per agire con maggiore incisività su sfide quali pubblica amministrazione, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, collaborazione fiscale tra Erario e Contribuenti”.

Il documento verrà trasmesso da palazzo Chigi a Camera e Senato dopo le revisioni statistiche che saranno apportate dall’Istat nell’ambito della “Revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali del periodo 1995-2023”, attese per il prossimo 23 settembre.