C’è un’Italia che si alza ogni mattina, prende un caffè ormai da due euro e mezzo e va a lavorare. Lo fa in silenzio, con la dignità stanca di chi non ha più voglia nemmeno di arrabbiarsi. È l’Italia che tiene in piedi tutto, ma che non riesce più a tenere in piedi se stessa. Gli stipendi italiani — dice l’Istat, non l’opposizione — sono rimasti indietro di quasi il 9% rispetto al 2021. Quattro anni di rincari, bollette, affitti e carrelli della spesa che sembrano liste nozze per miliardari, e il potere d’acquisto se n’è andato come il riscaldamento centralizzato a marzo: spento, ma sempre da pagare. La Meloni, intanto, parla di “risultati straordinari”.
E lo sono, in effetti: straordinario è riuscire a governare un Paese dove tutto aumenta tranne gli stipendi, e vantarsene pure. Straordinario è raccontare che “il lavoro è tornato centrale”, mentre la gente lavora come un mulo per restare ferma dov’è. Straordinario è celebrare l’occupazione, quando un contratto da 1.200 euro al mese viene spacciato come successo nazionale. Il problema è che questa destra, che ama sventolare la bandiera del “popolo”, il popolo non lo ascolta: lo usa come scenografia. Parla di patriottismo, ma non c’è nulla di patriottico nel lasciare un insegnante, un infermiere, un operaio con 7.000 euro in meno all’anno rispetto alla media dei Paesi Ocse. Non c’è nulla di sovranista nel rendere i cittadini sudditi del caro vita. In questa Italia Meloniana la forbice si allarga: chi ha, raddoppia; chi lavora, arranca. Le famiglie stringono i denti, ma non basta più.
L’inflazione non è una statistica, è il frigorifero mezzo vuoto, la bolletta che arriva prima dello stipendio, la cena fuori che diventa un lusso.


