Giorgia Meloni tutte le volte che è venuta in Parlamento ci ha raccontato la favola dell’Italia locomotiva d’Europa

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“Cresciamo più degli altri”, “siamo i migliori della classe”, oggi scopre che la Commissione europea ha la cattiva abitudine di guardare i numeri invece dei video propagandistici.

E disgraziatamente aveva soltanto mentito spudoratamente. L’Europa, dice Bruxelles, è in leggera ripresa. Leggera, eh, non uno sprint. E l’Italia? L’Italia è quella che si siede sul marciapiede, tira il fiato e guarda gli altri passare. Pil allo 0,4%, praticamente un colpo di tosse. Peggio di noi solo Finlandia, Germania e Austria: un podio da tristezza.

La Francia è al 0,7%. La Spagna al 2,9%. Due virgola nove: quel numero che Meloni lo avrebbe cantato saltellando a Napoli se fosse stato raggiunto. E invece no. Poi ci dicono che “migliorerà”.

Certo: dallo 0,4 allo 0,8. È come dire che dopo tre giorni di digiuno concedi un cracker. Nel 2026 e nel 2027 saliamo a un eroico 0,8%: abbastanza per non morire, non abbastanza per vivere. E soprattutto abbastanza per farci diventare stabilmente maglia nera d’Europa: secondi peggiori nel 2026, addirittura ultimi nel 2027. Una specie di podio rovesciato.

Nel frattempo, c’è un dettaglio che nel Governo fingono di non vedere: questa crescita anemica si regge in buona parte sull’ultimo soffio del PNRR. Un’occasione che stiamo sfruttando poco, male e in ritardo.

E quando l’effetto PNRR finirà, perché finirà, e presto, la crescita rischia di sbriciolarsi. Se oggi siamo allo 0,4, domani rischiamo di cercarlo col metal detector.

E mentre tutto questo accade, mentre i numeri si sgonfiano come i palloncini delle feste di compleanno a fine serata, la premier continua a raccontarci la storia dell’Italia che vola. Forse la prossima volta la favola conviene farla leggere prima a Dombrovskis. Almeno per controllare gli errori di fantasia.