Ho passato molti anni in Abi ed ho conosciuto tanti presidenti. Quando entrai, al vertice dell’associazione bancaria c’era Maurizio Sella. Dopo il banchiere biellese venne il saggio Corrado Faissola a cui seguì il brillante Giuseppe Mussari. Il Vicepresidente vicario di Mussari era Antonio Patuelli che lo sostituì in un momento drammatico. Il banchiere di Siena, coinvolto in vicende poco edificanti, aveva già lasciato da tempo il Monte dei Paschi ma tardava a dimettersi dall’Abi. Fu una durissima telefonata di Camillo Venesio a convincerlo e ad aprire di fatto la strada a Patuelli. Camillo ed Antonio sono come fratelli gemelli ed agiscono sempre uniti. Su Mussari si sono scritte centinaia di pagine. Io mi sono fatto convinto (parlo come Montalbano del grande Camilleri)
che a tradirlo non fu il denaro ma la vanità e la smodata ricerca di potere. Era il terzo banchiere d’Italia. Con la folle acquisizione di Antonveneta voleva diventare il primo e probabilmente sognava la carriera politica. Per la presidenza dell’Abi aveva avuto il
supporto di tutti i big. In quel periodo ricevetti una telefonata da un personaggio di primo piano che, con modi efficaci, mi invitò a votarlo. Tutti lo elogiavano per il suo stile e lo consideravano adattissimo per la comunicazione e la Tv. Ed era così. Mussari,
elegante, simpatico e brillante forava il video. Ma non appena scoppiò lo scandalo fu lasciato solo col suo inseparabile zainetto. Da quel momento il suo nome non fu più pronunciato e tutti i suoi sodali si dileguarono. Rimane un quesito. Perché Mussari non più al vertice del Monte dei Paschi venne comunque riconfermato presidente dell’Abi? Si dovette modificare lo Statuto per poterlo nominare e non si tenne in nessun conto l’uragano che si stava abbattendo sul suo capo. È un mistero che in pochi conoscono.


