Oggi vi voglio raccontare di come qualche giorno fa, si sia verificata una vera a propria rivoluzione sul tema della “giustizia climatica” e perché questa cosa riguarda, nel bene, tutti noi.
E’ noto a livello scientifico e internazionale, che gli altissimi livelli di anidride carbonica nell’atmosfera stanno producendo un’accelerazione mai vista prima rispetto al cambiamento climatico: alluvioni sempre più frequenti e corrispondenti casi di siccità estrema, scioglimento dei ghiacci artici, innalzamento del livello del mare, deforestazione, impoverimento della biodiversità ecc. sono gli effetti di questa alterazione, cui assistiamo ormai anche noi.
Ebbene, la Corte di Cassazione, ribaltando la sentenza del Tribunale, ha deciso che anche in Italia i giudici possono decidere i casi di “giustizia climatica” ossia quelle controversie in cui associazioni e/o cittadini citano in giudizio le multinazionali che inquinano e/o lo Stato e i suoi apparati, per far accertare la violazione di impegni internazionali (l’Accordo di Parigi che impone agli stati firmatari di limitare il riscaldamento entro 1,5° o la Legge Europea sul Clima che impone agli Stati di raggiungere la neutralità climatica nel 2050, ecc.) e riconoscere la mancata o insufficiente adozione di pratiche volte a limitare l’inquinamento.
In alcuni Stati, le Corti hanno riconosciuto la diretta responsabilità degli Stati e in Olanda hanno condannato il Governo ad adottare immediate misure di riduzione dell’inquinamento.
In Italia oggi abbiamo due casi simili: il c.d. “Giudizio Universale” contro lo Stato Italiano per insufficienti azioni di contrasto al cambiamento climatico e la c.d. “Giusta Causa” intrapresa da Greenpeace e ReCommon contro ENI, CdP e MEF. In questo secondo caso, la Cassazione ha rinviato al Tribunale per proseguire le indagini: di sicuro, qualunque sarà la sentenza finale, si sta aprendo una nuova strada per proteggere l’ambiente, la salute delle persone, del pianeta e delle generazioni future.



