Giustizia per Assange

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La vicenda umana e professionale di Julian Assange merita di essere resa nota per le gravi implicazioni che ne derivano sul terreno del rispetto della dignità e della libertà della persona umana e su quello della compiuta realizzazione del diritto/dovere di informazione a livello globale

Assange è un giornalista professionista australiano che, grazie ad un’accurata, documentata e ricca attività di giornalismo investigativo, condotta attraverso l’accreditata organizzazione giornalistica Wikileaks da lui fondata, ha diffuso preziose informazioni attestanti la commissione in vari paesi del mondo di gravi crimini implicanti pesanti responsabilità di Stati nazionali (in primo luogo gli Stati Uniti) e la relativa flessione di credibilità in termini planetari.

Nella maggior parte dei casi le informazioni si riferivano a fatti tenuti gelosamente segreti e così sottratti alla doverosa conoscenza da parte dell’opinione pubblica. Questa coraggiosa opera è costata ad Assange l’esposizione ad una molteplicità di procedimenti giudiziari in vari Paesi, tutti in qualche modo finalizzati all’accoglimento della richiesta di estradizione negli Stati Uniti dove le accuse formulate a suo carico prevedono una pena massima di 175 anni di reclusione.

Attualmente è alla battute finali il ricorso proposto dallo stesso Assange contro la decisione di una corte inglese di riconoscere la fondatezza della richiesta di estradizione statunitense, malgrado la scientificamente accertata esistenza del rischio che egli, sottoposto da oltre 4 anni ad un regime detentivo di massima sicurezza in un carcere del Regno Unito, possa cedere a pulsioni suicide ed il fondato timore che, una volta estradato, possa praticarsi a suo carico un trattamento umano e degradante. La circolazione del documento “Per Julian Assange”, in cui sono presenti precisi riferimenti ai fatti riguardanti il giornalista ed a cui hanno aderito in cospicuo numero giuristi di varia estrazione e titolari di rilevanti ruoli istituzionali, si propone di consolidare un ampio movimento di pensiero che al contempo lanci l’allarme per la mancanza di un’efficace cura delle condizioni fisiche e psichiche di Assange e faccia sentire la propria voce a difesa della libertà di informazione, soprattutto se rivolta a porre gli appartenenti alla comunità internazionale nella condizione di essere pienamente ed incondizionatamente a conoscenza dell’operato dei titolari di pubblici poteri. E ciò perchè si possa adeguatamente esercitare il controllo democratico sul loro operato senza timori o condizionamenti. Tenendolo in carcere, eventualmente estradandolo negli Stati Uniti e punendolo si lancia un messaggio chiaro ai media, che così ha già sintetizzato Vladimiro Zagrebelsky: «Cani da guardia della democrazia… Sì, ma non dovete mordere!» . Ma come ha scritto la professoressa Donatella Di Cesare «il complice più stretto ed efficace della tortura è il silenzio». Ed è per questo che auspichiamo un’ampia adesione all’appello, perchè «il mondo apra finalmente gli occhi e veda quello che stanno facendo a lui e, attraverso di lui, a tutti noi»: così Nils Meltzer, fino al 2022 relatore speciale delle Nazioni Unite sulla Tortura.

MARIO SERIO, ARMANDO SPATARO