Gli interessi a destra, i valori a sinistra

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Se ripercorriamo il trentennio della seconda Repubblica, e rivisitiamo gli otto grandi appuntamenti elettorali che, dal 1994 al 2022, ne hanno scandito la storia, non possiamo non registrare due importanti regolarità

La prima è che la destra è sempre andata unita alle elezioni, salvo nel 1996, quando Bossi, che aveva fatto cadere il primo governo Berlusconi, preferì far correre la Lega da sola, consegnando il Paese all’Ulivo di Prodi. La seconda regolarità è che le forze ostili alla destra sono sempre andate divise alle elezioni politiche, salvo nel 2006, quando il nuovo sistema elettorale (proporzionale + premio di maggioranza) rese improvvisamente convenienti le aggregazioni.

Il cosiddetto Porcellum, concepito da Roberto Calderoli, permetteva infatti ai partiti di preservare la propria identità (perché l’elettore era obbligato a scegliere un partito), e al tempo stesso stimolava le aggregazioni, per incassare il premio di maggioranza.

È anche il caso di notare che la difficoltà a formare una vasta coalizione anti-destra non ha riguardato solo l’annoso effetto-Bertinotti, per cui ci sono sempre uno o più partitini di sinistra, duri e puri, che rifiutano sdegnosamente l’alleanza con il Pds-Ds-Pd, ma ha spesso riguardato anche i rapporti con il mondo cattolico e il centro moderato. Nel 1994 la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto non riuscì a stabilire alcuna alleanza con il Patto Segni. Nel 2013 la lista Italia Bene Comune, guidata da Bersani, non fu capace di stabilire un’alleanza con la lista civica e centrista di Mario Monti.

Per non palare dei rapporti fra Pd e Movimento Cinque Stelle, comprensibilmente burrascosi fino alle elezioni del 2018, ma ben poco comprensibilmente ostili alle elezioni del 2022, dopo la normalizzazione del movimento di Grillo.
Ed eccoci alla domanda: perché questa asimmetria fra le politiche delle alleanze della destra e della sinistra?

Io credo che la risposta stia nelle concezioni che destra e sinistra hanno di sé stesse. La destra, pur richiamandosi a un universo di valori (primo fra tutti la libertà individuale), pensa sé stessa essenzialmente come portatrice di un progetto economico e culturale, che prevede ad esempio meno intervento statale, meno tasse, più controllo nei confronti delle devianze, freni all’espansione dei diritti civili. La sinistra, al contrario, pensa sé stessa essenzialmente come soggetto etico, portatore di principi di civiltà: eguaglianza, giustizia, inclusione, lotta allo sfruttamento, apertura al diverso, diritti civili, tutela dell’ambiente. Con la cruciale complicazione che, per ogni componente dell’arcipelago progressista, le priorità sono differenti e quasi mai facilmente armonizzabili (si pensi, per fare un solo esempio, agli enormi costi sociali delle politiche green più avanzate).

Da queste due differenti concezione di sé stesse, derivano alla sinistra a alla destra due differenti attitudini nei confronti della politica delle alleanze. Alla destra non è troppo difficile tessere la rete delle alleanze, perché i contrasti al suo interno non vertono quasi mai su questioni di principio, su cui sarebbe difficile se non impossibile accettare compromessi. Le “diverse sensibilità” dei tre maggiori partiti di destra sono quasi sempre ricomponibili pragmaticamente, cercando punti di equilibrio e mediazioni.

Non così a sinistra. In quanto pensano sé stesse come portatrici di istanze etico-morali, le maggiori forze di sinistra hanno enormi difficoltà a ricomporre le differenze. Proprio perché si sentono impegnate in battaglie di civiltà, risulta loro arduo scendere a compromessi. Può accadere, così, che singoli provvedimenti – la settimana di 35 ore, i voucher, l’amnistia, le unioni civili, i porti aperti, il Ddl Zan, il reddito di cittadinanza, i termovalorizzatori, le trivellazioni – assurgano a bandiere identitarie di questa o quella forza politica, così trasformandosi in istanze non negoziabili e non modulabili.

Ed è interessante che questa percezione della sinistra e della destra, per cui la sinistra difenderebbe valori mentre la destra difenderebbe interessi, non sia appannaggio esclusivo della sinistra, ma faccia talora capolino anche a destra.

Giovanni Sartori, forse il più autorevole fra i politologi di matrice liberale, scriveva ad esempio: “In linea di principio sinistra è la politica che si richiama all’etica e rifiuta l’ingiusto (…). Sinistra è fare il bene altrui, altruismo, mentre destra è fare il bene proprio, egoismo”.

Luca Ricolfi – repubblica.it