Gli italiani e la guerra: sì alle sanzioni, ma divisi sulle armi

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Le differenze tra gli elettori

Nel corso dei mesi, tuttavia, non si osservano differenze e cambiamenti sensibili nell’opinione pubblica, che appare, fin dall’inizio del conflitto, sostanzialmente divisa. In particolare, di fronte al sostegno militare all’Ucraina. Che “spacca” il Paese a metà. Senza svalutare l’ampiezza del dissenso verso le sanzioni alla Russia, espresso da una “minoranza”, comunque, “larga”. Quasi 4 persone su 10. Le differenze politiche e di partito condizionano, in modo chiaro, questi orientamenti. Anche se riflettono solo in parte “la posizione e l’op-posizione” rispetto alle coalizioni – di maggioranza e di governo – in Parlamento.

Certo, la distanza maggiore si osserva fra gli elettori del Pd e del Terzo Polo (prima della rottura…), più contrari rispetto alla base del Centro Destra. Tuttavia, l’atteggiamento di chi vota per i Fratelli d’Italia, sulle sanzioni alla Russia, appare più avverso, rispetto ai sostenitori di FI. E dello stesso M5S.
“L’impressione di fondo”, già emersa in passato, è che il conflitto ucraino “resti sullo sfondo”. Nei pensieri e nelle preoccupazioni degli italiani. Che, come è emerso in altre indagini precedenti, si sentono maggiormente inquieti per altre “minacce”, più “minacciose”, che incombono sulla condizione economica e sulla salute delle persone e delle famiglie. Il Virus, che incombe ancora, anche se spaventa meno, rispetto al passato – anche recente. E le prospettive del lavoro.

L’indagine dell’Osservatorio sulla sicurezza, condotta da Demos e Unipolis, circa un anno fa, sottolineava, infatti, come il grado di soddisfazione per le opportunità di lavoro, in Italia, fosse (sensibilmente) il più basso, fra i Paesi europei considerati. Mentre, parallelamente, la fiducia nei confronti delle prospettive professionali e di vita dei (nostri) giovani appariva (e, sicuramente, appare ancora) la più limitata.

Lo sguardo degli italiani sulla guerra, inoltre, risulta influenzato dalla fiducia nei confronti dell’Unione Europea. Un sentimento che contribuisce ad accentuare la domanda di sanzioni alla Russia e, parallelamente, favorisce il sostegno “militare” all’Ucraina. D’altra parte, il presidente ucraino, Zelensky, ha chiesto esplicitamente l’apertura di negoziati per l’ingresso del suo Paese nell’UE. Una domanda confermata e rafforzata dal dialogo con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Non solo a distanza, ma “di persona”. A Kiev.

L’approccio nei confronti dell’Europa

Il ruolo dell’UE, probabilmente, costituisce una chiave di lettura della “questione”. Per individuarne e indicarne le prospettive. E, al tempo stesso, le difficoltà. Messe in evidenza proprio dagli eventi che hanno colpito l’Ucraina. Perché in questa occasione (come in altre) è divenuta chiara la difficoltà di “conciliare”, se non di “associare”, le strategie e gli interessi dei Paesi che partecipano all’Unione. Sotto il profilo economico, anzitutto.

E, quindi, geo-politico. Non per caso, anche in questa occasione, l’UE è stata indicata – e criticata – come canale e strumento degli USA.

L’Europa, per questo, è apparsa e appare ancora un’interfaccia. Uno spazio “intermedio”. Tra USA e Russia. Un’area di passaggio, rivolta a Occidente. Che per questo, però, non è in grado “di inter-mediare”. Perché all’interno si incontrano e – talora – scontrano interessi diversi. “

Concorrenti” assai più che coerenti. Così i Paesi post-sovietici rischiano di rimanere “periferici”. Rispetto alla Russia. E all’Occidente. Perché l’Europa non è riuscita, fin qui, a divenire un soggetto geo-politico autonomo. Dotato di identità e autorità. E rimane un collage di Paesi. Senza un centro.

(di Ilvo Diamanti – repubblica.it)