Governatore Toti: dalla casta con furore

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Dopo la riforma della giustizia, più che altro un manifesto di impunità per corrotti e corruttori nelle amministrazioni pubbliche oltre bavagli ai magistrati e insulti all’intelligenza dei cittadini per bene, è sconcertante la scelleratezza con cui il governo si impegna per convincere l’opinione pubblica che la magistratura compia un reato contro il governatore ligure Giovanni Toti a cui sono stati confermati i domiciliari.

La performance del collegio difensivo improvvisato da politici e giornalisti indignati si innesta perfettamente nella strategia di ribaltamento tanto cara al governo su cui un velo pietoso per ricoprirne nefandezze e arroganza non basta . La logica con cui il potere approccia la questione Toti è sfrontatamente quella della casta, la quale oltre parte dell’informazione zerbinata a funzionari pubblici che oggi contano sullo scudo della riforma Nordio, vuole controllare anche la magistratura ordinaria.

Il paradosso che ha riportato l’Italia ai fasti dell’impunità per imbroglioni matricolati e furbetti d’ogni sorta è nell’idea strumentale che chi combatte illeciti e favoritismi sia un magistrato rosso o più in generale ostacolo da divellere. L’impegno mediatico in questo senso è strabiliante.

Toti è coinvolto in prima persona in un inchiesta che attraverso intercettazioni telefoniche, invise al ministro della giustizia al punto da ostacolarle, stabilirebbe il rapporto istituzionalmente malato tra Toti e l’imprenditore Aldo Spinelli che in cambio di elargizioni in denaro avrebbe impegnato il governatore a “trovare soluzioni” rapide per la privatizzazione della spiaggia di Punta dell’ Olmo e “velocizzare la pratica di rinnovo del Terminal Rinfuse” alla società controllata da Spinelli. Insomma pratiche illecite consolidate su cui più di qualcuno vorrebbe intervenire con un colpo di spugna a cui far seguire tarallucci e vino.

Gioacchino Musumeci